Amicizie e amori al tempo del filò
Alla fine del Settecento si assiste al tramonto della Repubblica Serenissima dopo la conquista da parte di Napoleone, a Venezia il potere politico viene assegnato ai cittadini completamente incapaci fanno solo disordine, i nobili erano già andati via nelle loro ville di campagna a continuare la loro vita di sempre. Con questo clima nasce la Repubblica Cisalpina guidata prima dalla Francia e poi dall’Impero d’Austria, si vive con un velato potere dato al popolo ma velato di imperialismo. Parte dell’Italia non rimane a guardare e i Savoia, al grido di “Italia o morte” partono alla conquista per riunificarla.
Questi eventi erano solo illusione di un cambiamento, per la popolazione che si ritrovò più oberata di tasse di prima, sempre più povera, costretta a fuggire per cercare un altro sostentamento in luoghi a volte molto lontani, nella terra argentina o nelle grandissime fattorie brasiliane. I veneti rimasti sotto il dominio austriaco subirono tra l’altro la confisca dei molti beni che erano di proprietà degli ordini religiosi poi assegnati ad altre famiglie nobili e si sa che non conoscevano la lunga storia della Serenissima la quale coltivava i terreni e li controllava con l’aiuto delle comunità monastiche, al contrario dei nuovi arrivati che estranei ad ogni situazione sceglievano solo il loro profitto a volte oltre misura, così alcuni terreni lasciati all’incuria e agli eventi atmosferici ritornarono ad essere paludosi.
Fu necessario altro tempo per ripartire di nuovo, rioccupando le case lasciate vuote dai contadini che lavoravano per conto dei monaci che si chiamavano benedettini, camaldolesi, olivettani, cistercensi, minori francescani, certosini, i nuovi braccianti popolarono queste terre e le ragazze che si affiancarono le resero vive di nuovi bambini che diventati adulti si sposarono fino a formare altre famiglie moltiplicando i nuclei che poi erano inseriti nella precedente famiglia, generando dei gruppi molto numerosi di familiari.
Ecco allora come si riesce a capire meglio l’importanza del filò di questo tipico periodo storico che va dalla fine della Serenissima fino agli inizi degli anni sessanta del Novecento, questo ritrovo che si faceva nella stalla durante la stagione invernale, reso caldo dalla presenza delle bestie. Questa gente oralmente si tramandava la propria vita e trasferiva le proprie memorie alle generazioni successive, una cultura dei ricordi molto utile per non dimenticare il tempo in cui si usavano la laboriosità dei braccianti unita all’ingegno degli studiosi e ordinato dalla Regola degli ordini monastici. Si creava quella particolare trasmissione del sapere molto utile al governo delle campagne, nessuno aveva dimenticato la grande bonifica operata dalla Repubblica di Venezia sui terreni percorsi dai grandi fiumi, nel Polesine, nella bassa Veronese, nelle terre basse del veneziano a Chioggia e Cavarzere come pure quelle tra Concordia, Altino, Caorle, Aquileia, Eraclea, che ritornarono fertili e produttive.
Queste piccole società che vivevano nelle fattorie poi si frammentavano per andare ad occupare altri fondi e così portavano con sé tutte le loro conoscenze che avevano imparato prima e le hanno portate fino ai luoghi più lontani perché ancora oggi sono la memoria delle genti venete dell’Argentina, del Brasile, del Canadà, dell’Australia, degli Stati Uniti d’America, come pure coloro che si sono trasferiti per lavorare nelle fabbriche del Piemonte, della Lombardia, del Lazio o della Sardegna.
Durante il filò come è già stato scritto si aggiungevano anche dei “personaggi” utili e singolari, anche amici che dalla amicizia verso qualche ragazza poi si innamoravano e così si creavano altre famiglie che o si aggiungevano alle esistenti, nella stalla dei filò dove regnava la penombra il corteggiamento diventava facile occasione per mascherare anche qualche carezza o anche qualche approccio diretto, le tentazioni c’erano eccome anche se la vicinanza seppur vigilata poteva sfuggire al controllo e così la presenza dei corpi nudi che si facevano il bagno in un angolo della stalla potevano essere sbirciati per un imprevisto quando qualche circostanza allargava la vista oltre la tenda di protezione. Quando si avvicinava la bella stagione si usciva dalle stalle e ci si ritrovava nella corte dove qualcuno suonava la fisarmonica e gli altri ballavano, la presenza dei suonatori o di improvvisati attori erano un ricordo di compagnie che al tempo della Serenissima andavano di corte in corte per rallegrare le serate dei nobili e dei loro ospiti che albergavano nelle ville di campagna, pochi vollero dimenticarle e pur tra ristrettezze economiche e penitenze religiose tipiche di certi periodi dell’anno, come la Quaresima, in molte case si rivivevano quei momenti di festa e questi spesso durante i filò, si inventavano commedie brillanti o si improvvisavano delle feste dove erano coinvolti i giovani, le ragazze e qualche adulto, amanti della musica e del teatro, compresi quelli che erano di passaggio o dalle corti vicine.
Molto spesso le serate finivano in dolcezza quando si apriva la porta di legno della stalla, arricchita di simboli religiosi attaccati al chiodo, quella che univa alla stanza da pranzo da dove appariva una donna con un vistoso vassoio coperto di tazze riempite di budino e dei biscotti preparati per l’occasione con anche dei quadrati di crema fritta, una tradizione nella ricorrenza di san Giuseppe, il 19 marzo.
Budin de ciocolata, budino di cioccolata: 500 ml. di latte, 120 gr. di cacao, 3 tuorli d’uovo, 2 cucchiai di farina fiore, 2 cucchiai di zucchero di canna, un cucchiaio di rum.
In una terrina sbattere bene i tuorli con lo zucchero fino a creare una crema molto chiara, aggiungere la farina setacciata e mescolare bene per non formare i grumi, aggiungere il cacao e poi il latte e il rum, amalgamare con cura e versare il composto in una casseruola che poi mettiamo sul fuoco dolce e sempre mescolando lo facciamo addensare, dopo averlo cucinato un poco versiamo il budino in uno stampo bagnato di acqua fredda. Aspettare che si freddi quindi capovolgere su un piatto e servire con i biscotti.
Budin de ciocolata ala vanilia, budino di cioccolata alla vaniglia: 750 ml. di latte, 80 gr. di cioccolato fondente, 70 gr. di burro, 70 gr. di zucchero, 50 gr. di farina fiore, 1 bccello di vaniglia, panna montata per guarnire alla fine e se lo si desidera.
Mettere una casseruola sul fuoco e versare il latte, portarlo a bollore mescolandolo con un cucchiaio di legno, togliere dal fuoco, unire il baccello di vaniglia inciso nella sua lunghezza. Intanto in un’altra casseruola far sciogliere il burro a fiamma dolce, unire lo zucchero, mescolare con cura e aggiungere la farina setacciata, dopo averla amalgamata per bene senza fare grumi si aggiunge il cioccolato sbriciolato a pezzetti assieme ad una piccola parte di latte, continuare a mescolare, poi rimettere sul fuoco e a fiamma molto bassa unire tutto il latte versato poco alla volta. Portare a ebolizione e proseguire la cottura per 2-3 minuti, eliminare la vaniglia e versare il budino nelle coppette bagnate di acqua fredda o nello stampo e lasciare raffreddare completamente.
Ciocolata calda, cioccolata calda: 500 ml. di acqua, 200 gr. di cioccolato fondente, 50 gr. di zucchero, 1 cucchiaino raso di cannella in polvere, 1 cucchiaio raso di farina maizena, mezza stecca di vaniglia, un pizzico di sale, panna montata se lo desiderate messa alla fine.
Ridurre in briciole il cioccolato fondente con una grattugia, stemperare in un po’ di acqua tiepida la maizena. Mettere sul fuoco una casseruola con l’acqua aggiungere lo zucchero e la vaniglia e portare a ebolizione, unire il cioccolato e farlo sciogliere lentamente mescolando con un cucchiaio di legno, quindi aggiungere la maizena sciolta, amalgamare con cura e lasciare bollire per 3-4 minuti. Unire un piccolo pizzico di sale aggiungere la cannella in polvere e mescolare nuovamente, eliminare la vaniglia e servire.
Crema fritta: 120 gr. di farina fiore, 120 gr. di zucchero, 500 ml. di latte, 6 tuorli d’uovo, 1 limone, pangrattato, burro, olio extravergine di oliva, zucchero semolato o zucchero a velo per decorare, cannella in polvere se lo si desidera, sale.
In una terrina sbattere 5 tuorli d’uovo e aggiungere incorporando 80 gr. di zucchero, sbattere per bene fino a creare un composto spumoso e chiaro, unire la farina setacciata e la buccia del limone grattugiata e un pizzico di sale. Mescolare bene e aggiungere il latte freddo poco per volta, mescolando continuamente per evitare la formazione di grumi, trasferire il composto in una casseruola e metterla sul fuoco, portare a ebolizione con fiamma moderata, senza smettere di mescolare con un cucchiaio di legno. Appena il composto raggiunge il bollore, toglierlo dal fuoco e versarlo in una teglia larga e dai bordi bassi bagnata con acqua fredda, pareggiare subito la crema con una paletta a uno spessore di 3 cm circa, lasciarla raffreddare completamente, quindi tagliarla a rombi. In un piatto fondo sbattere il tuorlo rimasto con una forchetta e immergervi i rombi di crema, quindi passarli nel pangrattato facendolo aderire bene. Intanto a parte preparare una padella con abbondante burro e olio per friggere e metterla sul fuoco fino a quando non è ben caldo, immergere i rombi e friggerli da entrambi i lati spostandoli con una forchetta. Appena i rombi di crema sono ben dorati tirateli fuori con una schiumarola e adagiateli in un foglio di carta assorbente per togliere l’olio in eccesso cospargeteli di zucchero semolato o zucchero a velo e servite la crema un poco tiepida.
Biscoti de casa, biscotti fatti in casa: 500 gr. di farina integrale o farina 00, 130 gr. di zucchero (anche di canna se lo si desidera), 110 gr. di burro, 3 uova, 1 limone o aromi a piacere (mandorla, rum, limone), 1 bustina di vanillina, 1 bustina di lievito per dolci, sale un pizzico, aggiunte a piacere a seconda del risultato da ottenere 100 gr. di mandorle dolci tritate, 50 gr. di pinoli interi, 150 gr. di uvetta, 2 manciate di gocce di cioccolata.
Rompete le uova in una terrina e aggiungete lo zucchero e il burro morbido, mescolate per bene fino ad ottenere una crema, aggiungete la fiala o solo mezza di uno degli aromi a piacere, o la buccia di limone grattugiata, il pizzico di sale e il lievito e la vanillina mescolata assieme alla farina setacciata, poca per volta fino ad ottenere un impasto bello sodo. Adesso aggiungete quello che più vi ispira, le mandorle tritate o l’uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida e poi strizzata e infarinata, le gocce di cioccolata o i pinoli e continuate a lavorare l’impasto fino a quando non risulta bello sodo. In una spianatoia stendetelo con il mattarello ad uno spessore di 3 centimetri e tagliatelo con delle forme per biscotti in mancanza di queste si possono fare dei rombi col coltello o con una tazzina dei tondi, poco prima avete acceso il forno per portarlo a 180°, sulla placca mettete i biscotto distanti uno dall’altro alcuni centimetri, decorate con una mandorla, infornate e lasciate cuocere per 25 minuti o fino a quando sono ben dorati, toglieteli, metteteli in un vassoio e servite.
Chi tra questi convenuti non amava il budino o la crema fritta può inzuppare i biscotti dentro un bicchiere di vino bianco dolce moscato, o un Passito come quello di Fregona, o un Torcolato di Breganze, del vin santo, oppure Marsala o Vermut.
Le foto dell’articolo appartengono alle collezioni Cavestro quella iniziale e Volpin le altre.