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Il baccalà in tocio – un baccalà alla polesana

Il baccalà in tocio – un baccalà alla polesana

Le osterie di campagna ci hanno raccontato per lungo tempo delle storie facilmente asservite ad una fantasia che in molti casi nascevano da una trasmissione orale frutto di un lavoro di memoria tra generazioni. Erano molti quelli che conoscevano i periodi del calendario liturgico e seppure arrabbiati incalliti per causa dei lavori massacranti cui erano sottoposti, pure certi giovanotti che cominciavano una mansione subito dopo la scuola dell’obbligo, ed erano luoghi tipicamente maschili dove per conseguenza le parolacce erano spesso intervallate da qualche frase sensata e dove il parlar sconcio filava come le preghiere dette nella chiesa.

L’osteria dove sono nato e dove ho vissuto parte della mia infanzia non mi ha trasmesso questo vilipendio, tutt’altro l’ho sempre intesa come un luogo di rifugio quotidiano, dove ci si ritrovava spesso per evadere dagli ambienti domestici forse ma non solo per respirare un momento di voluta distrazione alla ricerca dell’amico d’infanzia o del tifoso con quale ci si poteva raccontare le vicende sportive di quella e quell’altra squadra o ciclista impegnato nelle classiche gare primaverili.

Anche questa era una osteria di campagna e sopra alla stufa c’erano sempre delle pentole che sbuffavano in continuazione, per cucinare o riscaldare del cibo, era ricca di odori, di richiami, di repentini cambi di stato, da vuota a piena di pentole, posate, piatti e bicchieri da preparare. Nei giorni di Quaresima si cucinavano sempre dei piatti “di magro”, di antica memoria, ricorreva spesso una scenetta legata al baccalà in “tocio”,  si intende al sugo di pomodoro, dalle dubbie origini ma certo il frutto di qualche intervento creativo: “cosa avete preparato di buono, oggi?”, anche se l’aria era piena dell’odore del piatto del giorno e mio padre rispondeva: “pesce veloce del Baltico e crema di mais” quasi per sorprenderlo con una novità, alla fine portava in tavola il baccalà “in tocio” e polenta morbida appena rovesciata sul tagliere. Nella cucina un paio di cuoche molto brave, mia zia e sua sorella, avevano imparato a preparare le ricette da giovani ed erano molto creative, e a qualcuno sfuggiva il complimento: “solo qui ho trovato un baccalà in tocio veramente buono e unico”.

il ritrovo del dopo lavoro in una osteria di campagna

Ingredienti del baccalà in tocio: 600 gr. di baccalà secco (pesce veloce del Baltico), metterlo in ammollo in acqua fredda per 2 giorni cambiando l’acqua ogni 4 ore (se si vuole evitare questa operazione lo si compra già ammollato, ricordo però che perdete parte della storia da raccontare), 1 cipolla bianca, 2 bicchieri di olio extravergine di oliva, 1 spicchio d’aglio, un bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe al bisogno, un ciuffo di prezzemolo, un pizzico di cannella, 3 cucchiai colmi di passata di pomodoro, preferibilmente quella fatta in casa, 3-4 cucchiai di farina fiore, due bicchieri di brodo vegetale, 2-3 bicchieri di acqua.

Prendere una teglia dove ci mettiamo l’olio, la cipolla, l’aglio e facciamo un soffritto per pochi minuti, senza bruciare la cipolla, ci mettiamo il baccalà ammollato, diliscato e senza parte della pelle, tagliato a pezzi non troppo grandi e infarinato con la farina bianca. Aggiungiamo dell’acqua, il vino bianco e il brodo vegetale fino a coprirlo e lo cuciniamo a fuoco dolce per quaranta minuti, scuotendolo ogni tanto per evitare che si attacchi al fondo della teglia, poi aggiungiamo la passata di pomodoro che abbiamo insaporito con la cannella e il prezzemolo, questa operazione è molto importante perché il pomodoro va aggiunto sopra il baccalà, lo si corregge di sale e di pepe e si completa la cottura per altri trenta minuti fintanto che diventa bello tenero. Per ultimo lo si lascia riposare per un giorno e si serve il giorno dopo riscaldato con un paio di cucchiaio di olio extravergine di oliva.

Il tempo di riposo che abbiamo concesso al nostro baccalà ha fatto nascere la famosa filastrocca: “note, notesina, la gata va in cusina, la magna el bacalà e la poenta la lasa là”, “notte, notte piccolina (le ore piccole della notte), la gatta va in cucina, si mangia il baccalà mentre la polenta la lascia là” (non la insidia perché non gli piace), questa è una filastrocca riferita alla furbizia delle gatte che sanno sempre cosa scegliere come cibo da mangiare e di nascosto dai padroni di casa, ma è anche riferita a quelle ragazzine che nelle notti d’estate rimanevano fuori casa oltre l’orario accordato, ad insaputa dei genitori.

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