Un fia’
“Un fia’!” sta a significare il tempo di “un respiro”, poche lettere, però da sempre dette come unità di misura, un modo di dire una affermazione e a volte un imperativo. “Un fia’!” vuol dire un poco. Quanto? Un poco, non importa quanto, un po’ è un poco e basta, di seguito cercherò di spiegarlo elencando una serie di circostanze, piccoli episodi dove viene usato, temendo di non presentarli tutti.
Read MoreColombi e bovoletti
“ Sior, astu sentì! I vol tajare i cojoni”, “Senti mi è giunta voce che vogliono togliere i c…”,
“Mah!” espressione di dubbio.
“Sastu caro! l’altra volta i gà taja i osei” “lo sai sì o no! che l’altra volta ci hanno tolto le Oselle”.
“Mah! A furia de tajare i me slonga ea quaresima” dal dubbio all’affermazione per dire che di sforbiciate in sforbiciate si allungano i giorni di sacrificio.
“Ancoi speremo de no vedar taja anca i bovoletti”, “adesso speriamo che non tolgano anche le chiocciole”.
Read MoreGrazie EXPO
All’inizio c’è stata parecchia esitazione perché mancavano le condizioni per andare all’EXPO, poi le circostanze sono cambiate e così abbiamo potuto preparare e affrontare il viaggio. Lo abbiamo pensato come un pellegrinaggio delle emozioni e la prima scelta condivisa in pieno è stata quella di raggiungere Milano e poi il luogo dove si alloggiava percorrendo le strade con la segnaletica blu, le strade statali per capirci. Come dei moderni pellegrini pronti a raggiungere una località disponendo di una cartina stradale piuttosto datata, il senso di orientamento, dei consigli raccolti lungo il percorso e il tempo, da gestire senza particolari apprensioni. L’obbiettivo era quello di arrivare alla casa che ci ospitava, visitare l’EXPO e alla fine ritornare ai nostri paesi nel Veneto senza avere percorso le strade veloci, costruite per l’uomo che non ha mai tempo.
Read MoreFrittelle e zabaione
“Te si na fritola”, “Te me pari un zabajon”, “tu sei una frittella”, vuol dire cagionevole di salute, “tu hai la pelle pallida e giallina come il colore dello zabaione”.
Read MoreBaccalà ai sapori d’oriente
V enezia è una città nata sul mare, sulla laguna per la precisione, ma non è da intendersi una città di mare, molto diversa da Genova, Trieste, Napoli e così via. Sono popolazioni in fuga a farla sorgere sulle barene di sabbie e limo di riporto dei fiumi che vi sfociano, scappano dalla devastazione operata dalle tribù guerriere dell’est che vogliono occupare quello che resta del più potente impero mai conosciuto, l’impero di Roma. Siamo ben oltre la metà del primo secolo dopo Cristo e le ricche città di Aquileia, Altino, Eraclea, Treviso, Padova, Este, vengono saccheggiate, tutti fuggono per salvarsi e migrano altrove in cerca di rifugio e lo trovano nelle capanne dei pescatori della laguna che si accontentano di far posto agli sfollati. E sono in molti, troppi, da dover occupare le altre barene creando un grande villaggio che doveva fare i conti con diverse bocche da sfamare, gli orti sono insufficienti e non bastano più, così si devono cercare cibi anche altrove, navigando per mare fino alla vicina Dalmazia, Illiria, alla ricerca di generi da trasformare in pane, olio, vino e altro ancora.
Read MoreIl baccalà alla vicentina
P er descrivere questa ricetta è utile tornare sul racconto descritto dal capitano da mar veneziano Piero Querini. Durante un suo viaggio verso i porti del nord Europa venne coinvolto in una terribile tempesta che lo fece naufragare mandandolo a infrangersi nell’isola di Røst dell’arcipelago delle Lofoten, un gruppo di isole norvegesi del mare del nord, qui sopravvisuto perché ricevette un autentico aiuto dagli abitanti di quelle isole.
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