Antonia e l’oca Medea
Antonia era una donna esile, fragile, almeno all’apparenza perché invece aveva una forza e una volontà che sembravano nascere al di fuori di lei.
Quando andavo a casa sua la vedevo sempre affacendata, aveva cento cose da fare, mai ferma, almeno durante il giorno e chissà se anche quando dormiva e si assopiva nel grande lettone alto, le cose da fare non le mulinavano in testa come le faccende del giorno dopo. Della sua vita ci sarebbero tantissime cose da raccontare e non basterebbe un libro, solo ad elencare i sacrifici che ha fatto per tirare su al meglio la sua famiglia, si potrebbero scrivere fogli e fogli di carta.
Un giorno di primavera vicino alla Pasqua, Antonia decise di fermarsi un po’ di tempo con me, forse voleva prendere fiato e con grande sorpresa pur sapendo che eravamo rimasti soli, iniziò a narrare una sua esperienza, sembrava avesse voglia di liberarsi di un segreto, perché io lo potessi ricordare. Ci siamo seduti sulla poltroncina nel “tinello” e cominciò a dirmi quanto le era capitato tanti anni prima e con dovizia di particolari. Si esprimeva nella sua parlata veneta e alcune parole proprio non le capivo e dovevo chiedere il significato, dato che ormai le avevo dimenticate.
Read MoreEl sa da bon
“El sa da bon”, “sa di buono”, “quello è buono”, una frase semplice, ma chissà quante volte una mamma l’ha detta al suo bambino, magari subito dopo un bagnetto o solo prendendolo in braccio, poche parole ma che contengono tanti propositi. È passato un anno da quando è stata iniziata questa avventura e naturalmente sembra ieri che si stava farfugliando le prime idee su come creare questo blog, la sua impostazione, la sua missione, sulla estetica, su chi si doveva occupare delle ricerche storiche e fotografiche, su chi doveva scrivere gli articoli, ma anche la sua apertura sul mondo, con lo scopo di far conoscere quella vita che sembrava dimenticata.
Read MoreL’ultimo dell’anno
Sono nato in una casa che si trovava nella bassa padovana vicino alla cittadina di Conselve, (mi piace ripeterlo), dove c’era una osteria e un negozio di generi alimentari e ci sono rimasto fino all’età di 7 anni, poi con la famiglia abbiamo traslocato nella casa dei nonni paterni in un paese Ronchi sempre nella bassa padovana vicino a Casalserugo. Non cambiò molto perché anche qua c’era un negozio di “casoin“, “generi alimentari“, più che altro si vendeva di tutto, a parte le stoffe, ed era gestito da mia nonna e da una zia che di nome faceva Agnese anche se il suo primo nome era Giulia.
Questa era la casa “vecchia” quella costruita da mio nonno nei primi anni del Novecento; si dedicava alla conduzione dei campi e la zia che aiutava la nonna era prossima alle nozze e la nonna ormai vicina all’età della pensione intravedeva la imminente chiusura del negozio e mio papà decise di subentrare nella sua conduzione, questo trasloco io non lo ricordo molto bene ma mi rimase dentro tanta tristezza perché mi distaccavo dai miei cugini, unici compagni di giochi e scorribande.
Read MoreDa san Martin castagne e vin (grinton)
“La dimenticanza perde i popoli e le nazioni, perché le nazioni altro non sono che memoria“. Questo è quanto scriveva Niccolò Tommaseo, scrittore di fama, laureatosi a Padova agli inizi dell’ottocento, di origini dalmate.
Tralascio di scrivere la storia e la vita di san Martino che potete travare in moltissimi altri modi diversi da questo semplice diario, qui vorrei scrivere un fatto vero, di quelli che si ricordano, perché legato a questo periodo, del tutto simile a quello vissuto dai loro padri e i dai padri dei loro padri, quindi una esperienza tipica dei paesi di campagna che hanno in san Martino un riferimento importante perché legato a delle tradizioni che solo nel mondo rurale di un tempo richiamano a dei riti che non lasciano spazio alla casualità e per questo vissuto da una famiglia che conosco.
Read MoreIl pranzo di Pasqua
N ella casona di mia nonna finalmente si respirava aria di festa, la vita ripartiva alle prime luci dell’alba, chi doveva andare nella stalla a sistemare le mucche, a foraggiarle perché le povere bestie dovevano mangiare e poi essere munte per raccogliere una buona quantità di latte, sia per il sostentamento della famiglia che per darlo al “lataroeo” lattaio, che passava nel primo pomeriggio per portarsi via quello venduto.
Read MoreLa Pasqua – festa granda
“ Nonna raccontami una storia”, se non era lei a far questo sacrificio interveniva la mamma seppur indaffaratissima con gli altri figli, tutti da sistemare sotto alle coperte prima di farli dormire, molto eccitati dalla lunga cerimonia vissuta in chiesa nella sera del Venerdì Santo, chiassosi e incuriositi dalla esperienza appena vissuta così ricca di momenti molto significanti soprattutto tra i più grandi che insistevano nel chiedere delle spiegazioni.
Read MoreLe onoranze
Alcuni decenni fa esisteva ancora una consuetudine molto sentita dalla gente di campagna, mezzadri, fittavoli, contadini, si dovevano portare al padrone del fondo dei prodotti tolti dalla dispensa, che erano parte del fabbisogno della famiglia e frutto del lavoro e della cura dei fittavoli, erano “le onoranse”, “le onoranze”, dei fiaschi di vino presi dalla cantina, un paio d’oche, una coppia di sopresse, una dozzina di uova, qualche dolce o dei biscotti fatti dalle massaie e messi da parte con fatica in segno di riconoscenza, di augurio e per farsi ben volere e venivano consegnati alcuni giorni prima di Pasqua.
Read MoreIl battesimo
Nella storia delle famiglie di una volta festeggiare un battesimo non era una novità tutt’altro era una consuetudine perché i bambini nascevano anche uno o addirittura due in un anno e sempre portavano allegria e speranza perché seppure accolti in case umili che a volte era pure un casone col tetto di paglia comunque una nuova vita riusciva a dare vivacità alla famiglia. Come di consueto e seguendo la tradizione del tempo era sempre un parente diretto quello incaricato a portare la notizia della nuova nascita a tutti gli altri e non doveva necessariamente essere una donna che aveva altre faccende da seguire subito dopo ci si doveva recare al Comune per la registrazione nel libro dell’Anagrafe e come succedeva spesso se non c’erano i testimoni si recuperavano i soliti due che stazionavano sull’uscio in cambio poi di un compenso rilasciato dal padre del nascituro, contavano molto i due che lo accompagnavano perché dovevano testimoniare il vero anche se alle volte qualche grossolano errore si è sempre verificato, quando situazioni pericolose o avverse avevano impedito l’immediata registrazione (poteva essere una tormenta di neve o eventi bellici pericolosi per l’incolumità delle persone radunate nel Comune), così si ricordano persone come una zia che convinta di essere nata in un giorno poi nel registro venne iscritta con due giorni di ritardo.
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