Il bisnonno

Il bisnonno padre di mia nonna Luigia si chiamava Giuseppe, come il nonno, abitava a Bovolenta, un borgo antico dalla lunga storia utile avanposto a protezione della città di Padova dalle incursioni nemiche, infatti sorge dove si incrociano due fiumi, aveva un castello ben popolato di guardie che dovevano respingere eventuali invasioni. Dopo la signoria di Ezzelino da Romano e poi quella Carrarese passò alla Repubblica Serenissima di Venezia ma nel primo Cinquecento nulla poté dall’assalto della potente Lega di Cambrai guidata da Massimiliano d’Asburgo e venne distrutto e raso al suolo, sia il castello che il borgo. Ma con grande coraggio Bovolenta si risollevò e divenne un importante porto fluviale punto di approdo per le barche che eseguivano i trasporti di merci e persone utilizzando i fiumi come vie privilegiate, anziché quelle di terra. Questi traffici consentirono al paese di fargli guadagnare un certo benessere tanto che a Bovolenta vennero erette alcune ville patrizie e qui si inserisce anche la famiglia di mio bisnonno, scesa dalle colline del vicentino per avviare un forno per la produzione di pane (almeno così mi è stato raccontato), e mio bisnonno cominciò a fare delle transazioni acquistando e vendendo dei terreni che gli consentirono di fare degli ottimi affari per la ricca presenza di commercianti, col tempo divenne stimato e apprezzato da molte persone uno tra i più conosciuti in paese, Giuseppe sposò Emilia Carrari, discendente di un altro facoltoso casato della zona spesso riportato nei documenti del posto.
Mio nonno lavorava presso il negozio della anch’essa stimata azienda tessile dei fratelli Berto come agente privato e proprio in questo posto conobbe la sua futura sposa Luigia Miglioranza descritta in un’altro articolo, cominciarono a frequentarsi e poi un giorno di giugno del 1913 esattamente il 22 così riportò nel suo libro di “Memorie”:
– 22 di giugno 1913: Fatto domanda famiglia di Miglioranza per fidanzamento colla Gigetta (Lugia).
In queste poche frasi è condensata la sua futura vita, dalla trepidazione quando decise di presentarsi al padre di lei, giovane ragazza figlia di quell’Emilia Carrari che aveva discendenze molto importanti, un fidanzamento vissuto tra le gioie e i dolori dato che pochi mesi dopo in ottobre fecero l’esperienza della morte del padre di mia nonna, Giuseppe, brevemente descritto negli appunti trascritti da mio nonno, per me sconosciuto perché possiedo scarni connotati; ma vorrei poter immaginare una tale circostanza come un carico maggiore di responsabilità anche perché a casa sua da un anno per esattezza il giorno 7 ottobre 1911, a causa di una sopraggiunta infermità suo padre era a letto inabile a causa di una paralisi e dopo tale circostanza se ne assumeva il carico comprese le responsabilità. Questi momenti tristi non lo spaventarono seppur giovane, lo resero più responsabile anzi perciò una simile proposta era già un contratto di matrimonio.
E quando ho letto questo appunto mi sono un po’ commosso perché ho provato ad immaginare la scena ambientata credo nel tinello della grande casa con i protagonisti che entrano nel vivo della proposta: il bisnonno col suo ruolo preminente e lo sguardo fiero, il cappello in testa, autoritario quanto basta, la bisnonna seduta accanto alla figlia e poco più in là le altre persone della casa, quindi mio nonno, timido, imbarazzato sulla sua richiesta ma preciso nel formulare le parole giuste cercando di evitare qualche espressione poco chiara ed infine il consenso ottenuto per frequentarsi. Infine la corsa verso casa col cuore che scoppiava dalla forte emozione soffocata dopo pochi mesi dalla disgrazia e il dolore della morte del padre di Luigia, all’età di 66 anni, da quel momento sono sempre meno i riferimenti al bisnonno fino alla morte del padre di mio nonno, Antonio il 21 agosto 1914 e con descritta una visita della fidanzata assieme a sua mamma Emilia al cospetto del moribondo a letto.
Da questo momento in poi spetta a mio nonno il peso della sua famiglia per cui dovette lasciare il lavoro prestato presso la ditta Fratelli Berto di Bovolenta e iniziare l’esperienza di agricoltore nei campi che aveva in affitto vicino alla abitazione ed inoltre su quelli che aveva preso in gestione a un centinaio di metri che in un primo momento aveva affittato a dei vicini ai quali aveva pure intimato il massimo rispetto sui raccolti.
Mio nonno contrasse il matrimonio appena finita la Prima Guerra Mondiale il 3 marzo 1919 e assieme a mia nonna iniziarono una nuova famiglia ed anche una nuova esperienza imprenditoriale allestendo in casa un Caseificio, nel libretto riporta la data della realizzazione della sua prima forma di formaggio, il 26 dicembre del 1921, giorno di santo Stefano, intanto per casa si muovevano già due figli piccoli Emilio il primogenito nato lo stesso anno del loro matrimonio e Antonietta nata nel 1921, nel 1924 iscrisse il nuovo Caseificio alla Camera di Commercio di Padova.
Le foto sono dell’archivio di Emilio Nequinio