La bicicletta
La bicicletta non è mai stata solo un mezzo di svago o passatempo come viene usata oggi da molti appassionati e realizzata con le migliori tecniche e materiali per renderla leggera e performante, alcuni modelli si possono usare su ogni superficie stradale. Un tempo veniva usata molto spesso per spostarsi per andare al lavoro vista la carenza di altri mezzi di trasporto ed era fatta di ferro aveva pneumatici di gomma piena, usava dei freni a bacchetta e dei tappi per ridurre la velocità costruiti artigianalmente dal meccanico del paese, aveva un lumino per illuminare la strada di notte che usava del liquido infiammabile, una sella di cuoio resistente e delle molle per attutire le frequenti buche del pavimento stradale. La robusta catena veniva oliata con del grasso per non farla cigolare ed era senza alcuna protezione così costringeva il ciclista ad alzare i pantaloni per non sporcarli di unto tanto che ad un certo punto sono diventati di uso comune soprattutto dai militari che per lo stesso scopo non si sporcavano di fango durante le trasferte, inoltre questo modello “sport o alla zuava” permetteva di non impigliare la stoffa del pantalone tra le maglie della catena, lacerandola.
Veniva usata per spostarsi con facilità ma anche per trasportare delle merci poco pesanti e non ingombranti come la usavano i vari venditori ambulanti che giravano sulle strade del territorio per vendere il pesce, saponi, ausili per il cucito, c’era pure il fornaio con la sua cesta, l’arrotino, l’impagliatore di sedie, il materassaio, il maniscalco con due cassette dove ci metteva i ferri del mestiere, il barbiere, il venditore di polli, oltre a chi per necessità vi caricava i sacchi di granaglie per recarsi al mulino per farli macinare; le donne invece si spostavano per recarsi dal negoziante per fare gli acquisti di prima necessità, o all’osteria per acquistare il fiasco di vino da mettere sulla tavola durante il pranzo quotidiano se non si riusciva a fare il vino in casa perché non c’era una cantina, inoltre un altro che usava la bicicletta per lavoro era il lattaio che recuperava il latte appena munto su dei bidoni di metallo legati saldamente al manubrio, passava di stalla in stalla per fare il pieno e poi lo conferiva al caseificio della zona ed infatti i cugini di mio nonno erano incaricati a fare questa raccolta iniziavano alle prime luci del giorno per giungere al caseificio di mio nonno nel primo mattino dove il latte raccolto poi veniva trasformato in formaggi da vendere a coloro che avevano dato il latte ma anche a delle rivendite sparse nel vasto territorio da lui frequentato infatti nel suo “Diario” ci racconta che si recava spesso a Rottanova, Cavarzere, Chioggia, Bassano.
Le giovani ragazze usavano la bicicletta per recarsi al lavoro in città chi a servizio presso qualche famiglia, chi in qualche industria manifatturiera, famosa la fabbrica detta “dello spirito” la Barbiero della zona Stanga che realizzava il famoso amaro alle erbe e lo zabaione, c’era anche la fabbrica di organi Ruffatti che impiegava manodopera femminile come pure la conosciuta tipografia del Seminario dove delle giovani donne dovevano confezionare i fogli stampati per farne dei volumi da consultare, alcune prestavano servizio all’ospedale come aiuto infermieristico, altre negli uffici amministrativi della città svolgendo le mansioni adatte a loro perché la scolarizzazione nei paesi di campagna non era adatta a tutte e questo poteva penalizzarle, però ad esempio le poste e i telefoni appena istallati nelle case del tempo richiedevano spesso delle operaie femminili per smaltire i plichi e deviare le chiamate che correvano sul filo.
Ma la bicicletta divenne anche mito quando agli inizi del Novecento si iniziarono delle gare di resistenza e velocità dove dei corridori provenienti da ogni parte si sfidavano percorrendo le strade dell’Italia per tagliare il traguardo alla fine del giro guadagnando fama, prestigio e soldi, così è nato il Giro d’Italia fondato da un famoso giornale di notizie sportive che voleva incrementare le vendite creando un grande interesse attorno a questo evento ed infatti erano molte le persone che accorrevano sui cigli delle strade dove passava la corsa ciclistica per incoraggiare i propri beniamini e per vedere il corridore più forte del momento.
La bicicletta serviva anche per fare dei viaggi lunghi, o dei pellegrinaggi, come “voto” di richiesta di grazie per quel particolare momento, la richiesta della pace ad esempio, quando ci sono stati i conflitti armati o durante le pandemie. Si raggiungeva un santuario e quello di monte Berico era una meta privilegiata, si percorrevano anche cinquanta chilometri all’andata e altrettanti al ritorno salvo fermarsi in qualche osteria conosciuta per consumare un pasto altrimenti si mangiava quello che si era portato nelle borse, gruppi di ragazzi partivano dai paesi inforcando le biciclette con la scorta di fette di polenta abbrustolita delle sopresse, fiaschi di vino qualche pezzo di formaggio stagionato.
Quante storie sono state raccontate nominando questo umile mezzo di trasporto e quante ancora se ne raccontano ancora oggi, quanti incontri sono capitati incrociando le biciclette di ragazzi e ragazze che percorrevano le nostre strade alberate di un tempo, quante disavventure se si cadeva per terra e momenti piacevoli quando si riaccompagnava a casa la fidanzata. Quanti pericoli scampati durante la guerra ma anche quante scampagnate sui colli Euganei per fare giochi infiniti sui pendii dei prati, quanti acquazzoni senza ombrello e quante bruciature sulla pelle durante il solleone estivo, questa è stata la bicicletta e lo è anche ai giorni nostri anche se usa materiali diversi e permette di correre molto veloce quando un piccolo motore elettrico aiuta la pedalata.
Le fotografie sono delle collezioni di Emilio Nequinio, Paolo Nequinio, Antonella Borella.