Torsela in dolse, “prenderla con calma”
Due donne vivevano su due grandi casone che avevano due grandi corti, in una vivevano quattro famiglie composte di molte persone, mentre nell’altra erano molto meno, di qua ci si arrangiava a vivere dignitosamente, ma con fatica, dall’altra parte invece regnava l’abbondanza e come conseguenza anche l’arroganza. Genoveffa viveva di qua e Carmela viveva di là e un grande fossato divideva le due corti, entrambe ben curate, da una parte gironzolavano diversi capi di pollame che beccando insistentemente contribuivano a tener pulita l’aia e tutta la pertinenza attorno alla casa, dall’altra invece era il proprietario che si incaricava della pulizia della corte tagliando con la falce l’erba che diventava più alta del dovuto.
Read MoreLa trebbiatura
In una corte contadina, piuttosto grande, arrivava sempre il giorno della trebbiatura del grano, a luglio in genere se non prima, se la stagione estiva era stata calda e secca. Un paio di settimane prima il grano era stato tagliato e raccolto in grandi fasci “le crosete” e accatastati ai bordi del campo, si creavano i “covoni”, in seguito venivano caricati sui carri e portati in un angolo dell’aia della casa “la corte”, o cortile che quasi tutti avevano, ma chi ne era sprovvisto doveva portarli nella corte dei vicini e doveva metterli in un posto a parte. Infatti la trebbia non andava di casa in casa perché metterla in posa e poi accenderla richiedeva abbastanza tempo, conseguenza per cui era preferibile fare la trebbiatura in cortili grandi e già prenotati per tempo, poter metterla a regime poteva richiedere un paio di giorni, se il raccolto era scarso era più conveniente raggruppare il lavoro con quello di un’altro vicino.
Read MoreIl tinello
Nelle case di una volta la porta d’ingresso si apriva sul tinello, una grande stanza della casa, dava sul cortile quasi sempre lastricato di pietra o di cotto sul lato esposto a mezzogiorno, cioè verso sud (siamo nell’emisfero boreale), il sole alto doveva entrare con tutta la sua luce per illuminarlo, facendo risaltare i mobili e i suppellettili, aveva al centro una tavola dagli angoli arrotondati, sopra di esso un bel vaso di ceramica o di maiolica un regalo arrivato da qualche componente della famiglia il vaso poteva essere anche di vetro o di cristallo, di solito pieno di fiori freschi ma anche artificiali, alle volte se trapassato di luce mostrava proiettato alle pareti l’arcobaleno. Attorno alla tavola delle sedie, eleganti e fatte di legno col sedile di “caresin”, una pianta lacustre che veniva tagliata essiccata e intrecciata dalle mani dei “caregheta” artigiani capaci.
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