Cativi come ea peste
L’estate era la stagione giusta per vivere intensamente all’aria aperta, i suoi giorni caldi e lunghi favorivano il gioco con delle sfide infinite. Le lezioni scolastiche erano sospese per le vacanze e ai bambini era concessa ogni possibilità di svago, dai giochi più banali come correre e ricorrersi per prendersi, acchiapparsi e anche inseguire un cerchio lanciato lontano con un bastoncino, poi c’erano le sfide a squadre inventate a proposito, di calcio, biglie di terracotta, salta cavallina e così via.
Nelle grandi case di una volta ci vivevano molti bambini perché più famiglie convivevano assieme, delle leggi fasciste oltre tutto favorivano la procreazione e premiavano le famiglie numerose, così nuvole di fratelli e cugini coetanei se non quasi si rincorrevano in cortile, tutti in egual modo chiassosi che sfuggivano o si coalizzavano per generare ogni pur piccola gara a chi faceva meglio quella tal cosa e qualche volta si scappava piangendo quando certi scherzi avevano un impatto troppo forte. Le bambine si mettevano sotto l’ombra della grande pianta a vestire e rivestire con pezzi di stoffa recuperata qua e là delle bamboline realizzate con le foglie del granoturco o più belle se realizzate in legno scolpito e poi colorate da un adulto bravo a dipingerle.
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