El torototea
A volte mi piace ricordare quel periodo della mia infanzia che ho vissuto nell’osteria ed anche nella bottega di “casoin”. Sono quei luoghi importanti dove molte persone li hanno frequentati, ed alcune volte in base alle circostanze erano molto singolari. Uno di questi veniva da tutti chiamato “el torototea”, non ricordo per niente il suo vero nome, quando faceva capolino nell’osteria subito veniva chiamato al tavolo e gli si offriva un bicchiere di vino, era portatore di molte notizie sia vere che inventate, alcune di sicuro le aveva lette sui giornali trovati o dal barbiere o in qualche altra osteria, non credo frequentasse luoghi femminili come le parrucchiere o gli ambulatori dei medici, aveva di certo una buona memoria e sapeva sintetizzare una banale diceria in una notizia vera, si poteva definirlo come i cantastorie anche che non riusciva a cantare a tono e finiva sempre le sue storie dicendo “el torototea, torototà”. Sì perché la vita gira, gira, come una trottola, con un inizio e una fine che si ferma sempre allo stesso punto, senza sorprese, infatti le notizie che lo attiravano di più erano quelle che riguardavano la vita privata dei protagonisti, oggi si direbbe il “gossip”, e quando le racconti in pubblico assumono sembrano scivolose, pronte all’ironia, se poi si fermava sui dettagli troppo torbidi seppur fantasiosi, potevano indurre la fantasia a dimostrare anche il peccato o lo scandalo.
Read MoreEl diavolon
Quando vivevo in una osteria, che era anche bottega “de casoin” mi capitava di assistere a degli episodi che avevano del fantastico. A noi bambini poteva risultare facile mettere tanta fantasia agli avvenimenti perché questa era la nostra natura e poi gli adulti ci aiutavano in continuazione a svilupparla. Infatti le nostre letture erano quasi sempre dei racconti immaginari e a scuola le cose non cambiavano anzi nei nostri libri di lettura tali racconti ricchi di inventiva e distanti dalla vita reale erano stampati con grande abbondanza.
I giorni vicini alle feste di Natale testimoniavano quanto ho appena scritto e infatti nei nostri libri i brevi racconti erano legati alla stagione che si stava vivendo, l’autunno e poi tra pochi giorni l’inverno, le altre, erano fiabe tratte dalle varie storie nordiche che in qualche modo ci preparavano alle feste natalizie, sempre arricchiti di momenti fantasiosi e immaginari.
Il traghetto di Ciccio
Lungo l’argine sinistro del Bacchiglione che va da Bovolenta a Pontelongo si trova una località chiamata Ca’ Molin, sono poche casupole che un tempo erano parte di un borgo raccolto attorno ad una dimora veneziana che poi è stata demolita per far spazio ad una nuova casa di tutt’altra fattura. Un tempo questa zona era centro di interesse per la presenza dei fattori che le famiglie veneziane mettevano per la salvaguardia delle campagne poi con l’avvento del periodo napoleonico molte di queste dimore vennero requisite e di conseguenza abbandonate. Poi piano piano altre famiglie ne divennero i proprietari che ne cambiarono le finalità riducendo le case esistenti a magazzino di prodotti agricoli e se qualcuna ha mantenuto la fisionomia archittettonica di villa per altre toccò la sorte di essere trasformate in case di abitazione dai forti estetismi moderni, altre furono abbattute e ricostrite per far spazio a costruzioni più funzionali ma sicuramente meno belle delle antiche ville.
Read MoreIl baccalà in tocio – un baccalà alla polesana
Le osterie di campagna ci hanno raccontato per lungo tempo delle storie facilmente asservite ad una fantasia che in molti casi nascevano da una trasmissione orale frutto di un lavoro di memoria tra generazioni. Erano molti quelli che conoscevano i periodi del calendario liturgico e seppure arrabbiati incalliti per causa dei lavori massacranti cui erano sottoposti, pure certi giovanotti che cominciavano una mansione subito dopo la scuola dell’obbligo, ed erano luoghi tipicamente maschili dove per conseguenza le parolacce erano spesso intervallate da qualche frase sensata e dove il parlar sconcio filava come le preghiere dette nella chiesa.
L’osteria dove sono nato e dove ho vissuto parte della mia infanzia non mi ha trasmesso questo vilipendio, tutt’altro l’ho sempre intesa come un luogo di rifugio quotidiano, dove ci si ritrovava spesso per evadere dagli ambienti domestici forse ma non solo per respirare un momento di voluta distrazione alla ricerca dell’amico d’infanzia o del tifoso con quale ci si poteva raccontare le vicende sportive di quella e quell’altra squadra o ciclista impegnato nelle classiche gare primaverili.
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