Un fia’
“Un fia’!” sta a significare il tempo di “un respiro”, poche lettere, però da sempre dette come unità di misura, un modo di dire una affermazione e a volte un imperativo. “Un fia’!” vuol dire un poco. Quanto? Un poco, non importa quanto, un po’ è un poco e basta, di seguito cercherò di spiegarlo elencando una serie di circostanze, piccoli episodi dove viene usato, temendo di non presentarli tutti.
La prima è molto bella perché racchiude in sé tutta la meraviglia di un incontro straordinario “Te me ghe asa’ senza fia’ – Mi hai lasciato senza fiato”, chi è stato colpito dalla bellezza che in quella circostanza ha sorpreso un lui o una lei, quasi sempre si riferisce ad una ragazza bella, dall’aspetto sensuale o da un cambiamento dovuto all’età che l’ha cambiata parecchio ed in meglio; certe adolescenti che in un attimo le ritroviamo piccole donne.
Oppure anche “me xe vegnù un fia’ de paura dopo queo che go visto – mi è assalito il timore dopo quello che ho visto”. Proviamo ad immaginare una riunione familiare, di quelle consuete, in una delle grandi case descritte in questo sito e si vede apparire dalla porta del tinello, il luogo della casa dove si transita per poi accomodarsi in uno degli ambienti più frequentati, la cucina ad esempio, una donna o una delle figlie che ha deciso di modificare il suo aspetto perché l’età glielo consente o è in procinto di incontrare uno degli spasimanti che la corteggiano, con grande meraviglia si esclamava “sito restà sensa fia’! – sei rimasto sbalordito dalla bellezza di quella giovane donna da dover trattenere il respiro”. Poi cominciano i commenti e le raccomandazioni che in molti casi sono vanificate dal desiderio di avventure proprio della giovane età. “Dove veto mesa nuda – dove vai così poco vestita” e per risposta “ si xe vero go un fia’ de sgrisioi – ho dei tremori di freddo”, per colpa dell’abbigliamento indossato e inadatto alla stagione, perlopiù troppo fresco nelle stagioni intermedie, ma ciò che conta è non dire “go un fia’ de sgrisioi de fevre – sto tremando perché forse mi sto ammalando”.
Al contempo anche in alcuni casi si può arrivare ad affermare “el ga finio de tirare el fia’! – ha finito di respirare”, ha concluso la sua esperienza terrena lasciando le persone della famiglia nel dolore del trapasso alla vita.
Tornando nella vita quotidiana, si trova sempre qualcuna disposta ad ogni costo a conquistare la propria autonomia, sia essa figlia o moglie che esce con questa affermazione “ghe faso un fia’ vedar mi chi son, cusì el capise de che pasta so fata – gli faccio vedere io com’è il mio vero carattere, altro che remissiva”, il riferimento alla pasta di pane è per dimostrare chi è veramente la persona dell’alterco, ma anche molto spesso per rimarcare l’importanza del farsi capire con le giuste parole che non devono per forza essere parole dure o altisonanti perché il pane per farlo richiede lavoro e pazienza soprattutto quando lo si lavora con gli ingredienti naturali, con la pasta madre, che richiede tempo per la lievitazione prima di metterlo sul fuoco a cuocere.
E per continuare su questa linea a volte si dice “metete un fia’ più in là e stame distante el fia’ che basta – mettiti alla giusta distanza” lo si dice spesso per evitare di creare inutili conflitti in famiglia, ma anche nelle situazioni intime dove solitamente uno dei coniugi preferisce rimanere nel suo spazio senza sentirsi qualcuno vicino che lo infastidisce. Oppure al contrario “go bisogno de un fia’ de basi – ho bisogno dei tuoi baci”, e poi via di questo passo “un fia’ de amore, un fia’ de afeto sensa ricambio – desiderio di amore puro senza per forza doverlo ricambiare”, “dame un fia’ de dolse che de amaro pa ancò basta queo che go ciapà al laoro – ho bisogno di coccole che al lavoro è stata una giornata dura”, quando il lavoro diventa un impegno e un castigo se non c’è molto accordo con i colleghi o soprattutto con il padrone della fabbrica.
Noi diciamo “un fia’!” quando basta poco a risollevarci e può sembrare facile ma alle volte arrivano dei casi dolorosi e subito corriamo in una chiesa per chiedere a quel santo di mandarci “un fia’ de serenità” alla nostra vita proprio in quel momento colpita da una disgrazia ed è immediata la ricerca della felicità.
Adesso stacchiamoci un attimo dal vivere consueto e andiamo in cucina dove nel preparare un piatto ci siamo quasi dimenticati di mettere il sale e così assaggiandolo lo abbiamo creato “un fia’ de-savio – un po’ insipido” o lo abbiamo cucinato troppo ed è diventato “un fia’ brusà”, cioè ha preso quel colore ambrato di quando lo si abbrustolisce, ma può essere anche “un fia’ scarso de oio – mancante di olio come condimento”, e via via con altre osservazioni sulla qualità di questo o quell’ingrediente invitando chi è ai fornelli di poterlo salvare con qualche correttivo altrimenti la pietanza diventa immangiabile.
Mentre per chi ha deciso di intraprendere un viaggio ecco che può succedere di sentirsi dire “va un fia’ più pian che me vien el baticuore – cerca di rallentare altrimenti mi assale la paura”, come pure “serca de stare un fia’ pì’ atento a come che te guidi che còe distrasion se pòe anche sbatare doso calche dun’ – usa più attenzione alla guida, rispetta le distanze proprio per evitare di creare qualche incidente”. E poi “el xe un fia’ longo sto viajo che me saria anca un fia’ stufa de stare qua drento in machina” ma anche “me sarìa un fia’ stufà de stare sentà sora sta sea dea moto”, un lungo viaggio sulla sella di una motoretta può stancare proprio perché si resta fermi seduti per lungo tempo. Ma appena ritornati a casa tutto viene risolto con effusioni di tenerezza dal tono pure enigmatico: “ma ti me vuto ben – un fia’ tanto”, ma poco o tanto mah! L’importante è come lo si dice, la quantità non conta, anzi a volte è molto romantico usare delle manifestazioni di affetto proprio in quei momenti dove si è spossati dalla stanchezza di un lungo viaggio che ha logorato il corpo e un abbraccio o delle carezze della persona amata fanno da sollievo e lo riabilitano.
Le fotografie sono delle collezioni di Paolo Nequinio, Berensi A., Canesso I.