Pages Navigation Menu

foto, lettere, diari, poesie, racconti, ricette

il casone

Il casone era spesso presente nelle campagne della terra veneta; costruito per necessità, era la casa dei braccianti che lavoravano i terreni dei padroni, col pavimento di terra battuta, pochissime stanze, essenziali, il tetto di paglia recuperata da lavorazioni precedenti fatte nei campi. All’interno della casa un focolare usato per cuocere e scaldarsi nelle stagioni fredde. Il soffitto di travi annerite dal fumo sia del focolare che dai pochi lumi ad olio appesi con una catennella e inchiodati ad uno di essi.

Una vasca di pietra usata come lavello per pulire le poche stoviglie e lavarsi dopo il lavoro, si usava l’acqua tirata su dal pozzo scavato poco distante dal casone, se andava bene, oppure in quello della casa vicina o all’incrocio della contrada. Si partiva coi secchi vuoti, di ferro zincato e si tornava con gli stessi quasi pieni dato che durante il cammino qualche buona dose cadeva a terra. Le ragazzine avevano spesso questo compito perché aiutavano in casa per le faccende domestiche. E poi il pozzo era un luogo usato  per gli appuntamenti dove si incontravano le amiche o qualche scansafatiche di turno. L’acqua fresca appena tirata su rigenerava e poi non si misurava come succeedeva a casa perché serviva agli uomini che la consumavano per bere e lavarsi quando rientravano dai campi. Con l’acqua appenna tirata su dal pozzo si poteva rinfrescare la pelle sudata e nascoste dalle frasche che lo circondava ci si spogliava senza pudore, in libertà e si poteva lavare il corpo di giovani ragazze e poi donne, si faceva scorrere sul corpo strofinandolo un poco e lo sporco andava via ed anche l’odore forte della fuligine.

Al rientro, il tempo dilungato per il trasporto del prezioso liquido, voleva dire che qualcosa erail-casone successo e soprattutto le madri se vedevano le mani, le braccia e il viso pulito allora era tutto più chiaro. Spesso c’era complicità tra loro ma a volte se anche le gambe mostravano il loro candore allora succedeva il finimomdo. Erano i tempi della moralità gridata dai pulpiti delle chiese che incuteva sempre un certo spauracchio. E tutto tornava normale ma se qualcuno di questi ragazzetti gironzolava vicino al casone allora i guai aumentavano finché le cose non si chiarivano scegliendo per la discussione il luogo più intimo del casone.

La foto di presentazione ci mostra il “casone rosso” di Piove di sacco ed è della collezione di Paolo Nequinio mentre quella sull’articolo proviene dall’archivio di Vallonga di Arzergrande (PD).