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Pene, penoti e piume sul capel

Posted by on Giu 11, 2015 in Ricette del Dogado | 0 comments

ene sta per penne tanto per non essere fraintesi e siccome scriviamo ricette le penne sono quelle che coprono il corpo della stragrande maggioranza degli uccelli, siano essi di cortile, palude o volatili in genere; i penoti sono le piume e sono quelle penne più piccole che aiutano a riscaldare il corpo dei pennuti, in special modo quelli che vivono a contatto con l’acqua, sempre fresca, almeno nelle stagioni fredde, tra questi si ricordano volentieri le oche, le anatre, le beccacce, che certe volte sono entrate a far parte della vita delle corti perché allevate volentieri assieme a pollame e conigli. Pene, penoti e piume sul capel è un modo di dire tipico del Veneto, viene detto in diverse circostanze ma tutte accomunate dall’ilare intento di burlare l’avventore che si dichiara di rango elevato, l’altezzoso viene così riportato alla realtà.

“Penoti” oltre ad essere le piume dei pennuti è quell’aspetto ruvido che notiamo nella nostra pelle quando abbiamo freddo, infatti si dice “go ea pee de oca”, “ho la pelle d’oca”, per affermare che sto provando freddo o che sono stato colto da una forte emozione. Con gli stessi “penoti” soprattutto quelli delle oche, diversi anni fa, si riempivano delle grandi sacche di stoffa, poi venivano cucite in grandi quadri per impedirne il disordine quando si spostava la sacca e sono nati così i piumoni che facevano e fanno tanto caldo sia nei letti che nei cappotti durante i periodi invernali. Ecco che ogni volta che si spiumava una oca si tenevano da parte le piume più piccole perché poi servivano a questo scopo.

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Fritto, frittate, frittelle

Posted by on Mag 15, 2015 in Ricette del Dogado | 0 comments

La città di Venezia sin dalla sua fondazione ha basato la sua economia sui commerci con il mondo orientale diventando un grande polo artistico e culturale in costante osservazione da tutta Europa e molto spesso le corti italiane e straniere ne imitarono la genesi trasferendone molti aspetti sia politici che organizzativi, oltre ad esserne essa stessa contaminata dalla presenza costante di commercianti che provenivano dalle corti estere. basti pensare alla cucina che piano piano si evolveva quando prendeva spunti dalle ricette che provenivano da Costantinopoli o da Ragusa, dalla Morea o da Cipro, così pure da Creata o da Antiochia, solo per citare alcuni luoghi importanti frequentati dai mercanti veneziani. I banchetti veneziani si arricchirono di nuove specialità, i gusti si moltiplicarono e si mescolavano assieme alla scoperta di ingredienti che si trovavano esclusivamente nei mercati orientali, basti ricordare le spezie o i procedimenti per realizzare alcuni piatti che ancora oggi siamo in grado di assaporare.

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Il riso nasce sull’acqua

Posted by on Mag 3, 2015 in Ricette del Dogado | 0 comments

“El riso nase su l’acqua ma el more sul vin” certe volte basta un vecchio detto per stabilire quali erano le finalità e gli scopi della cucina della Repubblica Serenissima. Un territorio che partiva da Venezia e arrivava al Polesine a sud e fino ad Aquileia a nord e si allungava fino a raggiungere Bergamo ad ovest e poi giù per tutta la costa dalmata a est. I traffici iniziati da Venezia con l’oriente portavano al mercato di Rialto delle infinite varietà di ingredienti dalle spezie delle isole Molucche, alle pietanze fritte del medio oriente, dal caffè ai vini aromatici tipici delle isole del mar Egeo. Dall’estremo oriente è arrivato anche il riso e subito entrò nelle cucine venete tanto che alcuni dogi convinti di aver trovato un alimento nobile ne adottarono il loro uso facendolo diventare quasi una prerogativa riservata al loro rango; “risi e bisi” ad esempio fu subito definito piatto del Doge.

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Sua maestà il baccalà

Posted by on Apr 22, 2015 in Ricette del Dogado | 0 comments

Baccalà mantecato alla veneziana della Serenissima Confraternita, delicato nel gusto e raffinato nel sapore, non bisogna eccedere con l’aglio però, altrimenti si paga la conseguenza di sentirlo sempre in bocca e forse a qualcuno questo non piace.

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Un baccalà di montagna

Posted by on Mar 11, 2014 in Diario, gite, la cucina, Ricette del Dogado, storie paesane | 0 comments

Conoscere come si vive in montagna è sempre un ottimo esercizio perché se approfondiamo i loro usi e costumi ci rendiamo conto di come la vita non ha mai riservato loro quelle determinate soddisfazioni che si hanno per coloro che vivono in pianura. Infatti per i montanari è spesso segnata dalla fatica e dal sudore, per ottenere il minimo sostentamento quotidiano, e durante la stagione invernale è amplificata dalle condizioni di disagio che si manifestano quando copiose e prolungate nevicate impediscono a volte la sola uscita da casa e così si deve far ricorso a degli utili insegnamenti trasmessi da secoli di esperienza, di generazione in generazione tra queste genti che risiedono nei villaggi delle zone dolomitiche, non sono le situazioni dei giorni nostri ma di pochi decenni fa quando le masse di turisti erano pressoché inesistenti.

una fermata sul Pordoi prima di scendere a valle

Percorrendo delle strade poco asfaltate, quasi sempre di sterrato quando si doveva raggiungere le località di montagna dalla vicina pianura salendo verso l’Altopiano di Asiago, lo stesso per arrivare sul Cadore e nel Comelico, queste difficoltà però non hanno mai scoraggiato i venditori ambulanti di tutti i generi che impiegavano giorni prima di raggiungere i villaggi che oggi raggiungiamo con facilità e che conosciamo bene.

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La renga – l’aringa

Posted by on Mar 6, 2014 in Diario, La casa, la cucina, Ricette del Dogado, storie paesane | 0 comments

La “renga” è un pesce oceanico e può diventare piuttosto grande, vive in branchi e si sposta spesso in cerca di alimento o per trovare il luogo adatto dove deporre le uova, ha carni grasse e dal sapore deciso che aumenta quando viene posta sotto sale per essere conservata. Le famiglie di campagna di una volta, la cucinava mettendola rivestita di foglie di verza posta sotto alla cenere del focolare, tutta ricoperta di braci e la scottavano per bene aggiungendo qualche foglietta di aromi, infine appena cotta, veniva spennellata con dell’olio poi la suddividevano in tanti pezzi dove passarci sopra delle fumanti fette di polenta, che non mancava mai, fino a riempire per bene la stomaco.

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