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La stagione dell’abbondanza

La stagione dell’abbondanza

Un’estate straordinaria dalle condizioni climatiche eccezionali ha dato abbondanti di frutti, un clima assolato e seppure caldo permesso di vivere la piena libertà all’aria aperta e girando in bicicletta sugli argini che circondano il nostro territorio abbiamo incontrato tante persone, di tutte le età e spesso sudati per lo sforzo di pedalare ma anche liberi di assaporare la bellezza della libertà che si vive quando non si è costretti a vivere dentro casa. Alcuni lavoravano nel campo o negli orti uomini e donne molto indaffarati per irrorare d’acqua le piantine piccole o per raccogliere i frutti maturi, a volte danzavano tra le file di piante sia di pomodori che di melanzane o peperoni. In alcuni incontri abbiamo notato dei vistosi cappelli di paglia che coprivano il capo per proteggerlo dalle insolazioni ma anche per dare un tocco di magica atmosfera retrò proprio come quella che stiamo cercando nelle nostre ricerche fotografiche.

Infatti con la fantasia siamo tornati ad immaginare questo periodo estivo di alcuni decenni fa, con tutti i lavori che si facevano in quel tempo, la moltitudine di uomini e ragazzi impegnati durante la mietitura del grano che divisi per file e con le falci in mano tagliavano le spighe mature e poi le riunivano in fasci “e crosete” accavallati uno sopra l’altro, dietro a loro il carro trainato dai buoi e più tardi negli anni tirato dal trattore Landini mosso a passo d’uomo per consentire ad altri di caricarlo dei fasci di spighe di grano. Poi piano piano tutti ritornavano nella corte per preparare il grande mucchio “el cavajon” e di lì a pochi giorni dovevano essere frantumate dalla trebbia per ottenere il frumento, la macchina giungeva in corte dopo avere trebbiato in altre corti delle fattorie vicine (le casone), ed era una festa per tutti guardando l’abbondanza di chicchi suddivisi in sacchi di iuta e consegnati alle altre famiglie che poi li mettevano nel granaio e dal grano macinato ricavavano la farina, da adoperare in cucina nelle diverse ricette per il pane, i dolci, la pasta o per friggere.

La trebbiatura di un tempo
Meritato riposo dopo una giornata di lavoro nei campi
Una rievocazione della trebbiatura

Ci siamo immaginati i ragazzi che godendo le loro vacanze estive si alzavano al mattino presto e poco dopo guadagnare le sterminate distese di campi di erba medica, la tagliavano con la falce per farla seccare al sole, in altri momenti delle piccole forche ricurve, strappavano dal terreno le barbabietole e appena dietro degli altri col falcetto mozzavano la testa di foglie e poi le lanciavano al centro del campo dove si creava il mucchio che veniva caricato sui carri il giorno seguente e consegnate allo zuccherificio di zona da dove si otteneva il prezioso zucchero per addolcire dolci e piatti raffinati. I giorni dopo c’era da rivoltare l’erba tagliata per farla seccare per bene, poi veniva caricata sui carri e trasportata nella corte per essere distribuita nelle “tese” i fienili delle stalle, ricco alimento per le mucche o i conigli che lentamente la masticavano per ingrassare o per produrre il buon latte ottenuto dalla mungitura giornaliera eseguita dal fattore; a sua volta il latte diventava un alimento per tutta la famiglia e quello in più poteva servire a realizzare le forme di formaggio sia fresco che stagionato che poi venivano vendute per aumentare il reddito familiare.

Il caldo e il sole della stagione estiva fa maturare in fretta ogni frutto sia derivato dalla semina o anche quelli appesi alle varie piante, le ciliege, le fragole, le albicocche, le pere, le susine e poi le prugne, le more, le pesche e i fichi, poi le mele ed infine le giuggiole o i melograni, che si mettevano nella dispensa quella più fresca e poi sulla tavola durante i pranzi, quando maturavano troppo in fretta per non farli marcire si realizzavano le composte e le marmellate usate d’inverno, la stagione povera di frutti, nell’orto invece ci sono pomodori, melanzane, cipolle, patate, fagiolini e anche peperoni, lattuga, sedano, prezzemolo, basilico, impiegate come verdura di contorno alle altre pietanze o anche come aroma per fare sughi da conservare nello scafale della caneva, o negli arrosti e nei vari minestroni, un grande impegno per tutte le donne e le fanciulle della grande casa che gesticolavano tra pentole e cucchiai attorno alla cucina per mondare, lavare e cuocere tanto “ben di dio” per metterlo sott’olio, in agrodolce o semplicemente schiacciato.

una pianta di susine
dei rami ricchi di albicocche
le cipolle

Questa è la stagione dell’abbondanza e i frutti devono essere pure messi da parte altrimenti scarseggeranno durante la stagione fredda quella più avara di buoni prodotti per questo scriviamo della brutta impressione che abbiamo riscontrato nel vedere le piante cariche di frutta ma che nessuno coglieva e così cadevano per terra, tanti ortaggi lasciati a marcire nel terreno e con ciò gridare a gran voce come si sia dimenticato tutta l’esperienza dei nostri padri che viene dimenticata, tutta la gioia di far festa ogni qual volta la stagione estiva ci arricchiva dei prodotti della terra colti e trasformati, noi siamo certi che oggi siamo più ricchi di una volta ma anche più poveri di emozioni e quindi più tristi. Viva l’abbondanza dell’estate ma anche viva la festa, quella che ci faceva riunire per poterne assaporare e condividere la fatica e i buoni sapori e alla fine poi si ringraziava per i doni ricevuti.

Le fotografie sono: quella iniziale della collezione di Canova G., le altre di Paola Z., Anna P., Paolo Nequinio.

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