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Potenza dei salmi

Potenza dei salmi

Questo articolo potrebbe cominciare così:No ghe se più i preti de na volta” e sì perché al parroco o al prete come lo si vuol chiamare gli venivano attribuiti dei poteri che al giorno d’oggi sembrano scomparsi.

Inizio col raccontare un episodio che narrava un parroco del mio piccolo paese, Ronchi del volo, che si trova nella bassa padovana, ma non troppo distante dalla città, lo ricordo molto bene perché ad ogni racconto lui aggiugeva dei dettagli che lasciavano stupiti e forse lui stesso lo arricchiva di particolari per renderlo affascinante e misterioso allo stesso tempo.

Una mattina di molti anni fa si abbattè sulla campagna di questo villaggio una potente grandinata e dietro alla chiesetta se ne ammirava un bel mucchio e tale evento eccezzionale fece una autentica strage, furono uccisi dalla grandine, decine e decine di passeri e uccelli di altra specie, naturalmente i raccolti andarono irrimediabilmente perduti e così il parroco affranto come i suoi fedeli decretò che simili eventi e per tutta la sua permanenza in parrocchia non sarebbero più capitati. Noi che stiamo ricordando e scrivendo a posteriori possiamo affermare la veridicità di tali preghiere, infatti eventi simili non furono più registrati. Anche in altre occasioni cercò di dar forza a tale fede come quando per rassicurare i suoi parrocchiani, durante una predica, disse che in paese non ci sarebbero state tragedie gravi da raccontare in quegli anni di guerra. Peccato che quella volta il salmo non fece l’effetto sperato perché proprio alla fine di aprile del 1945, ultimi giorni di guerra, furono teatro  di uno degli episodi più luttuosi della storia del paese. Nacque tutto dalla stupidità di certi “partigiani”, quelli che nonostante i vari richiami del CNL vollero insistere nella  battaglia contro il nemico, e attaccarono una colonna di militari tedeschi in ritirata mentre transitava nella strada che va da Casalserugo a Bovolenta, proprio nei pressi della casona che si può vedere all’inizio di questo sito. Alcuni di questi militari furono feriti e non si sa se qualcuno di essi perì ma quello che successe dopo ha del terrificante perché i tedeschi appena giunti a Casalserugo organizzarono una rappresaglia e accerchiarono la casa dove avvenne lo scontro armato con l’intento di prendere i responsabili dell’attacco subito. I componeneti delle famigle che vivevano nella casa presi dallo spavento decisero di fuggire nei campi nascondendosi nei fossi che circondavano la chiusura, ma il papà e un figlio rimasero a presidiarla, anche per salvaguardarla. Ma invano, uscirono dalla porta e si presentarono davanti ai soldati con le mani alzate e per risposta furono raggiunti da una scarica di mitra, così caddero a terra esanimi, poi i tedeschi liberarono gli animali dalla stalla per sequestrarli e portarli via e poi le diedero fuoco. Nel frattempo un militare notò che alcune persone stavano scappando attraverso i campi dentro a dei fossi e così organizzò l’inseguimento fino ad un’altra piccola abitazione che si trovava in una stradina traversa, ma poco distante dalla casona, e con altri militari la accerchiarono, vi entrarono dentro perché avevano sentito delle grida e giunsero alla camera da letto e spararono alcune raffiche di mitra proprio sotto ad uno dei letti così colpirono due giovanetti, una al petto e l’altro alla schiena, la ragazzina si chiamava Silvana e un certo Popoti di Bertipaglia, un ragazzo che si guadagnava da mangiare facendo degli umili lavori presso le famiglie e dormiva nelle stalle dove era ospitato. Alla fine il bilancio fu veramente grave, quattro morti. Morti per rappresaglia, il parroco fu preso dall’ira e disse a gran voce che erano successi fatti imperdonabili perché se si profilava ormai la fine della guerra, non gli andava giù di aver detto una preghiera e di non essere stato esaudito, ma la guerra e la stupidità a volte sono più forti delle preghiere.

gruppo di giovani con don Angelo

gruppo di giovani con don Angelo

In tantissimi altri episodi però questo parroco diede valore alla potenza dei salmi, soprattutto quando la gente si recava in canonica a chiedere benedizioni e le più varie, sia per far riunire le persone care, come quella volta che una figlia scappò di casa e la madre disperata si recò dal parroco e lui per rassicurarla le disse che di lì a pochi giorni sarebbe ritornata a casa e così avvenne, o come in quell’episodio quando l’orologiaio del paese vicino, fu derubato di alcuni orologi di grande valore, si recò dal prete per benedirli e dopo due giorni se li ritovò dentro ad una sporta appesi alla cancellata. O come quella volta che scappò dalla corte di una famiglia, prendendo la via dei campi, la scrofa con i suoi maialini  e la figlia maggiore con il papà, tutti disperati, si recarono dal parroco che con sicurezza decretò che l’avrebbero rivista al loro rientro a casa e così avvenne, ma anche il miracoloso ritrovamento di una ingente somma di denaro perduta per strada e fortunosamente ritovata da una persona che lavorava proprio al servizio di costui che li aveva persi. Ma successe anche che il parroco chiese di poter fermare l’autobus di linea ad una fermta facoltativa e l’autista “mangiapreti” e poco affabile rispose che non era possibile e per tutta risposta si sentì rispondere che comunque si sarebbe fermato, così per una coincidenza strana l’autobus interruppe la sua corsa proprio alla fermata indicata dal parroco e se alcuni passeggeri non si sbrigavano a rincorrerlo per convincerlo a tornare indietro e a benedire il mezzo, sarebbero rimasti fermi per ore con l’autobus in panne. O come in quella situazione vissuta da mio nonno che per una risposta irriguardosa verso il prelato si accorse che il suo granaio veniva divorato da un esercito di topi e così una mia zia corse in canonica per accomodare le cose e dopo le parole rassicuranti del parroco tutti i topi ripararono verso la campagna senza fare più ritorno nella casa.

la scrofa con i maialini

la scrofa con i maialini

E senza dimenticare le varie dispute che riuscì a sistemare proprio quando ormai la situazione rasentava l’omicidio o addirittura l’uxoricidio. In tantissime di queste circostanze riuscì a trovare una conciliazione e un accomodamento e chissà se anche i soldi trovati, durante una pulizia effettuata nella vecchia parrocchiale, dal nostro gruppo di giovani volontari, aprendo una cassetta per le elemosine, quella consistente quantità di denaro, ormai fuori corso, non era il frutto di tali preghiere, anche se stupirono sia i giovani che il parroco stesso, perché non si riusciva a trovare una spiegazione plausibile a tale ritovamento e si formularono varie ipotesi sia legate a qualche voto, a qualche penitenza o anche solo per far del bene alla parrocchia.

Proprio la potenza dei salmi che riescono a risolvere i problemi delle persone che abbisognano di conforto o di tranquillità d’animo, erano sicuramente altri tempi quando una fede certa poteva fare miracoli. Anche oggi abbiamo bisogno di salmi e magari li conosciamo a memoria solo che non ci sono più certi preti che sappiano recitarli con le dovute cerimonie. I tempi sono cambiati e capiterà che si chiederà una cosa e te ne verrà consegnata un’altra simile ma diversa e forse del tutto inutile proprio come diceva il parroco ricordato in questa storia, che si chiamava Angelo.

In compenso alcuni popolani di Ronchi del volo dopo quella grandinata riuscirono a mangiare “poenta e osei” per parecchi giorni. La ricetta della polenta la trovate in un altro articolo di questo sito mentre per la preparazione degli uccelli “osei” eccovi accontentati:

Prendere un numero di uccelli secondo la quantità degli invitati presenti alla mangiata e se sono piccoli si deve averne a disposizione tre/quattro uccelli a testa e bollirli per poterli spennare con facilità (oppure si comprano già pronti) e poi dopo averli fiammeggiati si taglia la testa e le zampette senza togliere le interiora; poi si lavano per bene e si infilzano con dei bastoncini così da formare degli spiedini alternando un uccello, avvolto da una fetta di pancetta o lardo (la pancetta li insaporisce di più) e delle foglie di salvia. Fatti gli spiedini in quantità sufficente ai commensali si mettono in un tegame capiente dove poco prima abbiamo sciolto del burro con delle foglie di salvia e si lasciano rosolare lentamente nel forno in modo che la cottura sia uniforme da entrambi i lati dei volatili, al bisogno si aggiunge dell’altro burro e del sale per insaporirli, si finiscono di cucinare tenendo conto che se sono piccoli non serve arrostirli tanto. Intanto a parte abbiamo preparato una bella e fumante polenta gialla che poi distribuiamo nel piatto di portata facendoci un buco dove depositiamo il nostro spiedino di uccelli bagnato dalla salsa che si è formata. Alcuni durante la cottura degli uccelli ci mettono degli aromi come pepe, o peperoncino, qualche spicchio d’aglio, o addirittura li insaporiscono con del sale aromatico alle erbe; se proprio vogliamo si può mettere una svaporata di vino rosso, qua si sceglia secondo le preferenze e la fantasia.

Col vino però non si scherza e si accompagnano con un rosso corposo e profumato come il Cabernet, o il Pinot nero tutti di produzione della pedemontana anche perché forse rimane l’unico luogo dove trovare degli uccelli sufficenti a realizzare questo piatto. In pianura da quando hanno tagliato tutte le piante per avere più terra da coltivare e con l’arrivo di gazze e corvi, di uccellini non se ne trovano più e come in tutte le situazioni squilibrate la differenza e sotto gli occhi di tutti quel tanto che sono spariti cardellini, passeri, cinciallegre e usignoli e tanti altri uccellini che ci facevano sentire il loro canto quando si passeggiava per le carrarecce “caresà” di campagna. Questo piatto può fa inorridire coloro che sono radicalmente contrari all’uccisione degli uccelli e allora non rimane altro che ordinarlo in una pasticceria dove viene realizzato il dolce “poenta e osei”, è di marzapane pan di spagna e al centro ci mettono gli uccellini di cioccolato, come vino, visto che ci troviamo in veneto, consiglio lo spumante Fiori d’arancio dei colli euganei, o il Moscato dei colli berici.

Le foto sono delle collezioni di Paolo Nequinio, Emilio Nequinio, Silvana Borille.
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