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Santa Marta, una festa veneziana

Santa Marta, una festa veneziana

Questo breve racconto potrebbe cominciare così: “ C’era una volta la festa di santa Marta”. Le feste veneziane si trovano in quasi tutti i giorni del calendario e anche questa veniva vissuta in modo più o meno solenne, in casa o sulle calli, ma sempre con lo spirito di chi non si lasciava sfuggire l’occasione di stare insieme a banchettare, con ospiti più o meno di rango invitati al convivio. E ogni festa nasceva da una storia, da un antico evento, oppure solo da una coincidenza legata al periodo. 

La festa di santa Marta, cade nel calendario il 29 di luglio, era vicina ad altre feste del periodo come dal 1578 a quella del Redentore, il terzo sabato e domenica dello stesso mese, poi il 16 di agosto quella di san Rocco, è un periodo dell’anno che fa molto caldo e questo concilia la vita all’aperto coperti da una veranda di canne palustri, inoltre il mare offre pesce in abbondanza.

I pescatori veneziani di alcuni secoli fa, dopo una giornata trascorsa in mare, si ritrovavano sulle rive del canale di Spinalonga, poi rinominato canale della Giudecca, per ristorarsi dalle grandi fatiche della notte sotto a delle pergole allestite alla buona e consumavano il pesce che avevano avanzato. Le estati calde sconsigliavano il rientro a casa, meglio era fermarsi sulla riva del canale dove spirava una leggera brezza. Così si allestivano lauti banchetti di pesce fritto accompagnato dalle verdure degli orti. Non passarono molti anni e questo momento venne reso solenne tra i pescatori di quel sestiere di Venezia chiamato Dorsoduro. Quella parte di città che oggi si chiama “La Maritima” e dove si sono realizzate da alcuni decenni la gran parte delle aule dell’Università IUAV.

Su queste rive quindi c’era il porto sempre pieno di barche, battelli e le zattere che poi venivano smantellate per recuperare il legname proveniente dal Cansiglio, il bosco dei Dogi, o dal Cadore o dalla val Brenta. Tra queste casupole fatte di legno esisteva un campiello e a un lato la chiesa di santa Marta (ora demolita), poco distante quella di san Nicolò dei Mendicoli. Gente semplice di varie provenienze ma molto laboriosa e disposta ai sacrifici del loro lavoro; scaricatori, facchini, falegnami, addetti alle cime, alle vele, agli scafi, magazzinieri, pescatori, foresti, e tutto un nutrito via vai di persone tipico di ogni porto.

una barca ancorata sul canale della Giudecca

La festa di santa Marta era la festa della gente semplice utile a tutti e diede origine alla creazione di alcuni piatti tipici, gli “sfogeti in saor”, il “pollo arrosto” e “l’anitra arrosta”.

Durante la serata non mancava mai chi improvvisava delle commedie teatrali inventate sul momento a volte con lo scopo di burlarsi della miseria o della autorità che governava la città proprio in quel periodo. seppur tollerate erano pur sempre sotto il diretto controllo delle autorità. Non era vietato al popolo di festeggiare, così piano piano questo evento divenne sempre più conosciuto e la moltitudine dei presenti riempiva rive e calli di san Nicolò dei Mendicoli e nell’aria si spandeva un intenso odore di fritto, spezie e sughi da accompagnare alle sogliole o agli arrosti.

una vecchia stampa dove sono distinti i castellani e i nicolotti
una vecchia stampa dove sono distinti i castellani e i nicolotti

I Nicoloti vivevano la loro vita ma guai a creare discussioni, poi c’erano gli altri, quelli di Castello, “i Castellani” del sestiere più a est di Venezia. A volte bastava un banale diverbio piuttosto vivace per iniziare una scaramuccia e poi un’altra fino alla battaglia dove le botte erano tante e non finivano mai con la prima volta tanto da far diventare un rito la battaglia degli abitanti di questi due quartieri. Tutto doveva svolgersi sopra ad un ponte posto a confine dei due quartieri il “Ponte dei pugni” e lo si trova tra campo san Barnaba e campo santa Margherita. La manifestazione di forza divenne una autentica gara tra due squadre che dovevano dimostrare di valere una più dell’altra. Alcuni anni dopo si aggiunsero due giudici e lo scontro venne regolamentato per impedire di creare una rissa anche con spargimento di sangue lasciando sul campo qualche morto; questa gara venne fatta per oltre quattrocento anni tanto che divenne una attrazione e ogni volta che qualche ospite illustre visitava Venezia, veniva invitato ad assistervi.

Forse per queste ragioni la festa di santa Marta perse l’entusiasmo iniziale lasciandoci solo il ricordo dei suoi piatti tipici: sfogeti in saor (sogliole fritte insaporite), il pollo arrosto in tegame e l’anatra arrosta, l’anguria con l’uvetta e lo spirito (grappa), senza dimenticare la bevanda estiva di quel periodo, il “Mistrà”, un infuso di oli essenziali di anice stellato, diluito nel distillato di vino e poi allungato con acqua per renderlo meno alcolico, infine i “bussolai col sucaro”, i bussolà dolci.

Sfogeti in saor (sogliole fritte con salsa di cipolle e aceto): 600 gr. di soglioline, 800 gr. di cipolla bianca, 1 bicchiere di aceto bianco, olio extravergine di oliva, farina bianca, olio per friggere.

Pulite le sogliole per bene togliendo la pelle nera e poi infarinatele per friggerle in abbondante olio caldo. Come sono dorate scolatele e mettetele su della carta assorbente per togliere l’olio in eccesso. A parte su una padella mettete poco olio di oliva e fate appassire la cipolla tagliata a striscioline sottili, appena accenna ad imbiondire versate l’aceto e un bicchiere di acqua e fatela svaporare per qualche minuto, prendete una pirofila e disponete a strati le sogliole e la cipolla con il suo sugo, ultimo strato mettere le cipolle. Lasciate il piatto fermo per un giorno e servite con delle buone fette di polenta bianca abbrustolita.

Pollo arrosto in tegame: un pollo ruspante di circa tre chili, 70 gr di pancetta finemente tritata, 7 cucchiai di olio extravergine di oliva, 70 gr. di burro, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, 1 carota, 1 spicchio d’aglio, 50 gr di prezzemolo tritato finemente, 2 chiodi di garofano, 3 bicchieri di vino bianco secco, 2 mestoli di brodo, 3 foglioline di salvia, 1 rametto di rosmarino, sale e pepe, poca farina bianca.

Pulite per bene il pollo e tagliatelo a pezzi regolari, infarinatelo e fatelo rosolare in una casseruola con poco olio e spruzzato di vino bianco, poi unite la pancetta e tutte le verdure ridotte a pezzetti con gli aromi. Cucinatelo per almeno un’ora, ogni tanto giratelo aggiungendo poco per volta il brodo a cottura ultimata aggiungere il burro, sale e pepe e disporre sopra ad un piatto mettendoci il sugo di cottura. In tempi recenti assieme alle verdure si è aggiunto anche il pomodoro.

Anatra arrosta: 1 anatra di 1 chilo e mezzo, alcuni pezzi di lardo, 1 rametto di salvia, 1 rametto di rosmarino, 2 spicchi d’aglio, sale, pepe, 1 bicchiere di olio extra vergine d’oliva, 2 bicchieri di vino bianco secco.

una anatra con il suo seguito di anatroccoli

Pulire bene l’anatra, togliere interiora e frattaglie, tagliare via la testa e le gambe poi metterla in un tegame con l’olio, mentre il lardo, lo rosmarino, la salvia e l’aglio metterli nella pancia.

Rosolare lentamente tenendola spruzzata con il vino bianco, aggiustare di sale e portare a cottura badando che resti morbida, se volete rendere saporita anche la pelle allora passatele sopra un velo di burro e terminate la cottura, poi tagliate a pezzi e servite. Si accompagnano bene con buoni vini rossi o bianchi corposi.

Anguria estiva: si deve comprare una bella anguria di quelle tonde e poi la si mette per due giorni in acqua fresca a guazzare in modo che si rinfreschi per benino e poco prima di mangiarla la si taglia a metà e con un cucchiaio si scava la polpa e la si mette in una terrina a parte. In una casseruola si mette ad ammollare una buona quantità di uvetta sultanina con del liquore come lo stravecchio di vinaccia, o cognac, o rum. Dopo una mezzora si incorpora il tutto alla polpa di anguria che abbiamo nella terrina assieme ad una buona manciata di pinoli, si aggiunge ancora un bicchiere di liquore e il tutto deve essere rimesso dentro ai due gusci di anguria, rimescolati per bene e messi di nuovo al fresco possibilmente in frigo per toglierli prima di partire da casa ricordandosi di portare un mestolino che servirà per la somministrazione quando è arrivato il tempo di mangiarla, accompagnata con i bussolai col sucaro.

anguria sull'orto
anguria sull’orto

Bussolai col sucaro “bussolà dolci”: 1 kg di farina, 50 gr di lievito di birra, 4 uova, 300 gr di zucchero, 150 gr di burro, rapatura della buccia di un limone, 1 bicchierino di anice o vin santo, sale e latte al bisogno.

Impastare una parte di farina con il lievito sciolto nel latte tiepido e formare una palla e farla lievitare fino a quando è raddoppiato di volume, al composto incorporare 100 gr di zucchero, un uovo, un bicchiere di latte e aggiungere altra farina fino ad ottenere un impasto morbido, poi lasciare lievitare di nuovo. Alla fine aggiungere il rimanente zucchero, le uova, il burro, l’anice o il vino, la rapatura di un limone, il pizzico di sale. Incorporare tutto per bene aggiungendo la farina rimasta cercando di ammorbidire con il latte fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Poi dividerlo in pezzi uguali di peso, arrotolarli e unirli alle estremità per dare una forma di ciambella con il buco, si mettono nella piastra del forno con un pennello si bagna la superfice con del latte e spolverano di zucchero semolato. Infornare in forno preriscaldato a 230° e cuocerli fino a quando sono ben dorati.

Le foto sono della collezione di Paolo Nequinio mentre la stampa del Castellano e del Nicolotto è di J. Grevembroch e si trova al Museo Correr, tratta dal libro “Il Magnifico Principe di Venezia” ediz. Storti.

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