25 aprile festa del bocolo
I l 25 Aprile a Venezia non è solo la festa del santo patrono, san Marco coincide anche con un’altra festa che si chiama “festa del bocolo”, “festa del bocciolo”, di rosa rossa. A Venezia si dice che per spiegare l’origine di questa festa si ricordano due leggende, una vede coinvolti due amanti che i rispettivi genitori rendono difficile ogni loro relazione e possibile unione. Maria figlia di patrizi veneziani, fa di cognome Partecipazio e quindi diretta discendente dello stesso casato del doge divenuto famoso quando accolse con grandi festeggiamenti le spoglie del santo evangelista acclamato da tutti santo protettore di Venezia, mentre il suo “moroso”, fidanzato, della graziosa fanciulla era un giovane di nome Tancredi di modesta estrazione sociale. La leggenda continua e racconta che per far bella figura verso i familiari di Maria il giovane Tancredi decise di arruolarsi nell’esercito per potersi guadagnare degli onori dalle sue battaglie, peccato però che durante un feroce conflitto venne colpito a morte e tutto sanguinante, sul punto di esalare l’ultimo respiro affida al suo compagno d’arme un bocciolo di rosa rosso da consegnare personalmente alla sua amata che con ansia lo stava aspettando a Venezia. Il compagno d’arme di Tancredi eseguì alla lettera l’ordine affidatogli e giunse nella città lagunare quando erano in corso i festeggiamenti per onorare il santo patrono Marco, si avviò velocemente alla casa di Maria per informarla della tragica notizia sul suo amato e lei straziata dal dolore preferì morire anziché ricominciare una nuova vita.
Read MoreIl baccalà in tocio – un baccalà alla polesana
Le osterie di campagna ci hanno raccontato per lungo tempo delle storie facilmente asservite ad una fantasia che in molti casi nascevano da una trasmissione orale frutto di un lavoro di memoria tra generazioni. Erano molti quelli che conoscevano i periodi del calendario liturgico e seppure arrabbiati incalliti per causa dei lavori massacranti cui erano sottoposti, pure certi giovanotti che cominciavano una mansione subito dopo la scuola dell’obbligo, ed erano luoghi tipicamente maschili dove per conseguenza le parolacce erano spesso intervallate da qualche frase sensata e dove il parlar sconcio filava come le preghiere dette nella chiesa.
L’osteria dove sono nato e dove ho vissuto parte della mia infanzia non mi ha trasmesso questo vilipendio, tutt’altro l’ho sempre intesa come un luogo di rifugio quotidiano, dove ci si ritrovava spesso per evadere dagli ambienti domestici forse ma non solo per respirare un momento di voluta distrazione alla ricerca dell’amico d’infanzia o del tifoso con quale ci si poteva raccontare le vicende sportive di quella e quell’altra squadra o ciclista impegnato nelle classiche gare primaverili.
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