Il riso nasce sull’acqua
“El riso nase su l’acqua ma el more sul vin” certe volte basta un vecchio detto per stabilire quali erano le finalità e gli scopi della cucina della Repubblica Serenissima. Un territorio che partiva da Venezia e arrivava al Polesine a sud e fino ad Aquileia a nord e si allungava fino a raggiungere Bergamo ad ovest e poi giù per tutta la costa dalmata a est. I traffici iniziati da Venezia con l’oriente portavano al mercato di Rialto delle infinite varietà di ingredienti dalle spezie delle isole Molucche, alle pietanze fritte del medio oriente, dal caffè ai vini aromatici tipici delle isole del mar Egeo. Dall’estremo oriente è arrivato anche il riso e subito entrò nelle cucine venete tanto che alcuni dogi convinti di aver trovato un alimento nobile ne adottarono il loro uso facendolo diventare quasi una prerogativa riservata al loro rango; “risi e bisi” ad esempio fu subito definito piatto del Doge.
Le terre della Serenissima erano piene di aree acquitrinose, spesso inondate da frequenti straripamenti dei fiumi e perciò adatte alla coltivazione del riso poi il Senato della Serenissima decise una massiccia opera di bonifica creando nuovi canali di scolo delle acque e deviando i fiumi che prima sfociavano in laguna verso il mare aperto. Questa grande opera idraulica servì a far emergere grandi estensioni di terre da poter coltivare per altri tipi di cereali come il mais e il frumento, perché se questo veniva portato a Venezia dai mercati del sud Italia a volte non arrivava a causa delle frequenti guerre di predominio causate dai turchi e dai pirati balcani, le navi erano spesso attaccate e quindi in molte occasioni veniva a mancare la materia prima per realizzare la farina bianca. Per il mais la storia cambia perché il cereale importato dalla Spagna non trovò facile accoglienza nelle mense veneziane perché, in un primo momento, venne piantato per fare da ornamento nei giardini delle case e poi la famiglia Emo, nella sua proprietà di Fanzolo nel trevigiano, decise di coltivarlo in maniera più estesa facendo diventare la farina di mais e poi la polenta l’alimento principe delle mense del tempo e di oggi.
Per questi motivi il riso non godette di grande entusiasmo nei banchetti della Serenissima era piatto nobile e quindi di difficile reperibilità ma poi col tempo e dopo aver creato delle grandi aree adatte alla sua coltivazione come il basso veronese, il delta del Po e le zone umide di Grumolo delle Abbadesse nel vicentino e anche Alvisopoli vicino a Portogruaro, nel veneziano, dove i terreni argillosi permettevano di essere allagati per far crescere la pianta e portarla alla sua giusta maturazione. Poi decine e decine di mondine lo raccoglieva e infine veniva trasportato nelle grandi corti delle case di campagna per farlo seccare al sole. Infine veniva separato dal fusto e raccolto in grandi stoccaggi detti “amasi”. Il doge Alvise ad Alvisopoli, piccolo borgo vicino a Portogruaro, edificò dal niente questo paese con lo scopo produrre il riso e lo organizzò a tal scopo, tanto che gli diede pure il suo nome. Il visitatore attento che decide di visitare questo luogo può constatare che le strade di terra e d’acqua sono state fatte per raggiungere la grande corte dove avveniva la seccatura del riso e degli altri cereali coltivati nella immensa campagna d’intorno. La stessa organizzazione urbana venne adottata nelle corti del basso veronese e nelle campagne del delta del Po, luoghi come Ca’ Venier, Ca’ Vendramin, sono corti utilizzate per la raccolta dei prodotti della campagna, stoccati e poi portati al mercato di Rialto per essere venduti a tutta Europa.
Oggi sono proprio queste due aree quelle ritenute le più adatte alla coltivazione del riso e infatti quello del basso veronese ha guadagnato il marchio IGP mentre il Carnaroli del basso Polesine si sta imponendo come un riso ottimo per i risotti. Eccolo allora alcune ricette:
Risotto coi bruscandoli (germogli di luppolo): si usa un bicchiere scarso di riso per persona e lo si mette da parte, una cipolla, un bicchiere colmo di olio extravergine di oliva, del brodo vegetale, la quantità deve essere quella necesaria a far cucinare il riso, uno o due ciuffi di “bruscandoli” appena colti e questo è molto importante perché appassiscono velocemente, se non avete il tempo di fare questa ricetta appena dopo la raccolta dei germogli, si possono mettere in un bicchiere d’acqua e così resistono anche più giorni, ma perdono un po’ del loro sapore, due noci di burro (per essere più precisi ne bastano 60 gr.), un ciuffo di prezzemolo, sale e pepe, formaggio grana grattugiato, uno spicchio d’aglio.
Prendiamo i “bruscandoli” li laviamo e li tritiamo a pezzetti, in una pentola versiamo l’olio di oliva e ci mettiamo la cipolla tritata finemente, se non piace la cipolla allora vanno bene due cipolle scalogno molto più delicate, si aggiunge lo spicchio d’aglio per chi lo desidera, si fa il soffritto senza bruciare la cipolla, si aggiungono i germogli di luppolo, il riso e lo si lascia arrostire per pochi minuti e poi gradualmente si aggiunge il brodo vegetale che abbiamo poco prima messo a riscaldare vicino alla nostra pentola. Con un mestolino lo si versa e allo stesso tempo si mescola il tutto, quando il riso lo chiede si aggiuge dell’altro brodo fino a fine cottura; a questo punto si aggiungono al bisogno tutti gli altri ingredienti come il prezzemolo, il burro (alcuni ci mettono anche il latte), il sale, il pepe, il grana grattato. Il riso non è bene farlo troppo asciutto e deve far sentire il sapore della primavera, quindi un poco di prezzemolo va bene, mentre io non metto mai il burro o il latte ma dato che alla vista questo piatto è alquanto insolito e i bambini magari non ne sono invogliati a mangiarlo ecco che con il burro o il latte lo si può mantecare quel tanto da farlo diventare del colore e del sapore che piace a loro. Il formaggio grana messo alla fine rinforza i sapori e crea quei giusti contrasti che lo rendono armonico e delizioso.
Il vino consigliato per questo piatto, che io ritengo uno dei più buoni della primavera, è il bianco e stavolta consiglio dei bianchi euganei o berici, ma anche il bianco del basso veronese (ottima zona per la scelta del riso da usare) consiglio di annegarlo pure con il bianco delle terre del Piave o di Pramaggiore.
Risotto coi fegatini: un bicchiere scarso di riso Vialone Nano (del basso veronese) per ogni persona, 200 gr. di frattaglie di gallina (fegato una parte, cuore, stomaco), 1 kg. di carne da brodo mista, manzo e gallina bella grassa, 1 osso da brodo, 1 cipolla e mezza, 2 coste di sedano più una mezza, 1 carota, 1 aglio porro, mezzo bicchiere di vino bianco secco, burro, olio di oliva, sale e formaggio grana grattugiato.
Preparare il brodo mettendo la carne di manzo e la gallina pulita per bene e intera, ma senza le frattaglie, in acqua nella percentuale di 1 a 3 cioè un chilo di carne per tre litri d’acqua, con il sedano, la carota, la cipolla, l’aglio porro e l’osso, un poco di sale, portare a bollore e schiumare ogni tanto con la schiumarola per tenere pulito il brodo, portare a cottura la carne (circa un ora di cottura) che deve risultare bella tenera sia uno che l’altro tipo, che mettiamo in un vassoio per secondo. A parte si preparano i fegatini facendo un soffritto di olio e la mezza cipolla, aggiugere del burro, poi si mettono le frattaglie e si cucinano per bene facendo attenzione a non rosolarli troppo altrimenti il loro sapore diventa più intenso, quindi si bagnano col vino bianco e si fa svaporare. Se la carne è cotta la si toglie dal brodo e lo si filtra con un colino, si mette il riso a cucinare nel brodo e a metà cottura si aggiungono i fegatini che avevamo preparato e si conclude la cottura del riso, aggiungere il mezzo sedano e se serve si aggiunge dell’acqua al brodo, è bene presentare questo risotto non troppo asciutto, lo si cosparge di abbondante grana grattugiato e si serve ben caldo.
I vini consigliati per questo riso sono tutti i rossi del territorio serenissimo.
Risi e bisi (piselli): per 4 persone: 400 gr. di piselli sgranati, 200 gr. di riso (Vialone Nano del basso veronese), 50 gr. di pancetta magra, 3 cucchiai di olio extravergine di oliva (della riviera del Garda), mezza cipolla, una noce di burro, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, brodo, una manciata di formaggio grana gratuggiato, sale e pepe (per chi vuole a fine cottura può aggiungere una grattata di noce moscata).
Far soffriggere in una casseruola la cipolla e la pancetta tritate con olio e burro, unire i piselli, farli cuocere a fuoco moderato per una quindicina di minuti, versare il riso rimescolando con delicatezza per non rompere i piselli (in questo punto conviene mettere un poco di brodo), insaporire di sale e pepe e portare a cottura tenendo sempre rimescolato aggiungendo gradualmente il brodo che abbiamo messo vicino (può essere sia di carne, che vegetale, un buon brodo vegetale lo si puo fare cuocendo con l’acqua i bacelli dei piselli e poi usarlo per la cottura del riso come sto descrivendo). Continuare ad aggiugerlo fino a cottura ultimata tenendo presente di preparare un piatto non troppo consistente ma brodoso e verso la fine della cottura controllare se il sale va bene altrimenti si corregge e poi si aggiunge il grana e il prezzemolo tritato; per chi vuole variare può sostituire il prezzemolo o metterne meno con una grattatina di noce moscata che ne da un tocco esotico (la noce moscata è arrivata a Venezia dalle isole Molucche, Indonesia, tanto per dire come la cucina veneziana sia stata aiutata da queste spezie partite da molto lontano).
E se il riso “el nase in te l’aqua el deve morir in tel vin” come dicono nel veronese allora lo si inaffia di un buon bianco di Soave.
Risotto con le ortiche: 350 gr. di riso vialone nano, un litro e mezzo di brodo vegetale, 2 belle manciate di germogli di ortica, 50 gr. di lardo o pancetta, 1 cipolla bianca piccola, un ciuffo di prezzemolo, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, 3 cucchiai di grana grattugiato, sale e pepe q.b.
Preparare un trito di lardo o di pancetta e soffrigerlo con l’olio extravergine di oliva, lavare e tritare i germogli di ortica e aggiungerli al soffritto, aggiungere mezzo mescolo di acqua e far appassire la cipolla, poi versare il riso lasciandolo per qualche minuto sul fuoco, poi aggiungere poco alla volta il brodo vegetale mescolando di tanto in tanto per non far attaccare il riso alla pentola e fino a cottura ultimata. Aggiustare di sale e pepe e mantecare con il formaggio grana, a piacere si può completare con un leggero filo d’olio.
Risotto di gò, ingredienti: 350 grammi di riso vialone nano, 350 grammi di gò, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 1 carota, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, olio extra vergine d’oliva, due noci di burro, 1 spicchio d’aglio, pepe, sale, grana grattato.
Monda e lava la cipolla, la carota, il sedano e versale in una pentola d’acqua salata che porti a bollore. Lascia cuocere alcuni minuti, quindi scotta i gò, che subito dopo evisceri e sfiletti, mettendo da parte i filetti puliti e rigettando nel brodo tutte le altre parti del pesce. Continua a far andare a fuoco vivace fino a ridurre il liquido a un terzo, quindi filtralo e rimettilo sul fuoco. In una casseruola fa imbiondire lo spicchio d’aglio in olio e burro, toglilo come prende colore e butta il riso, fallo insaporire qualche minuto a fuoco spento, poi inizia a cuocerlo tenendolo sempre rimestato e bagnato con dei mestolini di brodo che hai preparato. Verso fine cottura aggiungi i filetti di gò, rimesta, manteca con pochissimo burro e il formaggio, aggiusta di sale e pepe, cospargivi il prezzemolo e mandalo in tavola all’onda (vuol dire non troppo asciutto).
Per questi due piatti va bene il vino bianco, aromatico, secco se si vuole e il Prosecco va benissimo, ma anche il Soave, il Bianco della bassa veronese come pure quello delle corti benedettine del padovano.
Risi e fagioli alla polesana: 5 tazzine di riso Carnaroli del polesine, 300 gr. di fagioli secchi, 1 cipolla, 1 spicchio d’aglio, 100 gr. di cotica di maiale, un pezzetto di lardo salato, 2 cucchiai di conserva (meglio se preparata in casa), 2 foglie di salvia e 2 di basilico, formaggio pecorino a fine cottura.
Ammollare i fagioli in acqua fresca per un giorno, affettare a strisce la cipolla e l’aglio, tagliare finemente le cotiche, pestare il lardo molto bene, fare soffriggere il tutto con la salvia in una pentola di giuste dimensioni, aggiungere infine i fagioli rinvenuti, cominciare la cottura aggiungendo abbastanza acqua. A circa metà cottura dei fagioli aggiungere il riso e cominciare a cuocerlo a fuoco dolce rimestando ogni tanto e verso la fine aggiungere la passata di pomodoro e le foglie di basilico che si possono lasciare ma siccome servono solo per dare profumo quando è passato un certo tempo o appena prima di servire si tolgono. Assaggiare se il risotto risulta cotto e servire mettendoci sopra del pecorino stagionato. Questo riso deve risultare bello denso e lo si deve annaffiare di vino rosso corposo, il Raboso del Piave va bene ma anche il Friularo delle corti benedettine, anche il Pinot nero o il Cabernet sono ottimi con questo piatto.
Risi e zucca: 500 gr. di zucca marina di Chioggia, 300 gr. di riso, mezza cipolla, aglio uno spicchio, olio extravergine di oliva, sale, pepe, grana grattugiato alla fine.
Lavare la zucca e sbucciarla, tagliarla a pezzetti di uguale dimensione, metterla a lessare in abbondante acqua, portarla a metà cottura. In una pentola fare i soffritto con l’olio, la cipolla e l’aglio senza imbiondirli, togliere l’aglio e mettere la zucca aggiungere il riso e arrostirlo un poco, aggiungere acqua e cucinare il riso, portarlo ad una cottura al dente e dall’aspetto denso, aggiungere il grana e servire. Per chi lo desidera durante la cottura del riso si può aggiungere una macinata di noce moscata.
Va innaffiato di vino bianco quello aromatico come il Verduzzo o il Pinot grigio.
Risi e rane: 1000 gr. di rane, 50 gr. di burro, mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva, mezza cipolla, mezza carota, mezza costa di sedano, un pizzico di cannella, una grammatica di noce moscata, acqua e sale per la cottura del riso, abbondante grana grattugiato.
Lavare le rane e spolparle accuratamente, eliminare gli ossi, metterle in una teglia con l’olio extravergine di oliva, il burro, il sedano, la cipolla, la carota, la cannella e la noce moscata, aggiungere poca acqua e farle cuocere a fuoco dolce.
A parte si lessa il riso su abbondante acqua e un poco di sale, quando è quasi cotto lo si scola con cura e lo si passa nella teglia dove abbiamo cotte le rane lo si condisce per bene rimestandolo sul fuoco per altri minuti fino alla sua cottura finale, lo si cosparge di grana grattato fin quasi a coprire il riso e si serve in tavola. È un piatto tipico delle zone vallive dove abbondano le rane e nel periodo successivo alla schiusa delle uova vengono catturate, prima del gran caldo estivo, usando dei metodi antichi di cattura. Se le rane sono quelle delle zone del nord veneziano allora questo risotto predilige i bianchi di Pramaggiore, sono ottimi perché danno quel tocco di armonie di gusti inimitabile.