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Beata ignoransa

Posted by on Gen 16, 2017 in Diario, storie paesane, Visti da vicino e da lontano | 0 comments

“Beata ignoransa” oppure “beata ignoranza” molto spesso questa affermazione viene rivolta ad un giovane che vuole apparire sapiente e non lo è, ti racconta dei fatti che “no sta né in cieo, né in tera”, non trovano riscontro, perché non hanno la loro dovuta documentazione. 

Alcuni anni fa ho letto un articolo di un giovane giornalista di un noto quotidiano locale che affermava con particolare disappunto che a Venezia esiste la Riva degli Schiavoni e altro non è che il luogo dove ormeggiavano le navi cariche di schiavi perché nella Repubblica di Venezia sin dai tempi della sua espansione territoriale, le navi che tornavano dai viaggi, portavano anche delle persone di quei luoghi e ridotti a schiavi da utilizzare nelle dimore che si stavano allestendo nella nascente e poi consolidata Repubblica Serenissima. Nulla di più sbagliato perché gli “schiavoni” altro non erano che i popoli della vicina Dalmazia, Illiria, Croazia, che data la loro origine slava, venivano chiamati dai veneti “s-ciavi” o anche “s-clavi” e alla fine “schiavoni”, uomini e donne che per vari motivi arrivavano a Venezia e qui occupati in varie mansioni, in altri articoli ho scritto il valore di alcuni slavi che hanno reso lustro a sé stessi e a Venezia dopo aver conseguito la laurea studiando all’Università di Padova. Quindi questa riva è stata così nominata perché le barche della “S-ciavonia” si fermavano e ripartivano con particolare frequenza. Poi per completare l’argomento bisogna dire che Venezia fino alla metà del Quattrocento non ha mai conquistato territori ma bensì li ha “legati a sé” e poi amministrati ed erano in prevalenza piccole cittadine lungo la costa Dalmata usati come porti di transito e di commercio per i suoi traffici, lo stesso discorso si equivale con le città italiane del salentino pugliese. Le cose cambiarono dalla metà del Quattrocento quando i veneziani occuparono le terre delle altre Signorie poste ai confini della Repubblica arrivando fino a Bergamo.

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Le onoranze

Posted by on Apr 7, 2014 in il tinello, La casa, la cucina | 0 comments

Alcuni decenni fa esisteva ancora una consuetudine molto sentita dalla gente di campagna, mezzadri, fittavoli, contadini, si dovevano portare al padrone del fondo dei prodotti tolti dalla dispensa, che erano parte del fabbisogno della famiglia e frutto del lavoro e della cura dei fittavoli, erano “le onoranse”, “le onoranze”, dei fiaschi di vino presi dalla cantina, un paio d’oche, una coppia di sopresse, una dozzina di uova, qualche dolce o dei biscotti fatti dalle massaie e messi da parte con fatica in segno di riconoscenza, di augurio e per farsi ben volere e venivano consegnati alcuni giorni prima di Pasqua.

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