Un quaresimale al Santo
“Senti tosa te me ghe da fare un piasere grande, mercore te ve al Santo e te scolti el quaresimae e po te ghe domandi na benedision par noaltri che ghe ne avemo de estremo bisogno”.
Se fosse difficile la traduzione di questa frase visto che il veneto non tutti lo conoscono allora ecco cosa si sono dette madre e figlia dopo la tragedia avvenuta in casa con la morte improvvisa del figlio e anche fratello di una di queste due ragazze che si sono recate alla basilica di sant’Antonio a Padova per assistere alla predica di quaresima e poi guadagnare la benedizione finale.
“Senti figliola, tu mi devi fare un grande favore, mercoledì (mercoledì santo) ti recherai al Santo (la basilica di sant’Antonio) e poi chiederai una benedizione speciale per noi che in questo momento è necessaria (la morte improvvisa del figlio aveva creato parecchio sconcerto in tutti)”.
Il Santo così è conosciuto in tutto il mondo sant’Antonio, non viene quasi mai nominato il suo nome ma da tutti è venerato come il Santo dei miracoli. Infatti l’umile frate francescano che per volere della Provvidenza naufragò sulle coste della Sicilia mentre stava andando in Africa per compiere la sua missione salvifica e da qui ripartito a piedi per incontrare frate Francesco ad Assisi dove arrivò proprio nel momento favorevole del Capitolo che il fraticello decise di convocare proprio in quel periodo. Quando si incontrarono ebbero modo di parlare a lungo e di indirizzare anche la vera vocazione di Fernando da Lisbona verso la catechesi e la predicazione. Fernando prese il nome di Antonio e partì per raggiungere la costa romagnola che a quel tempo era abitata da genti pagane e difficili, dedita alla pesca, sempre impegnata nel lavoro, duro e rischioso, diffidenti e violenti verso gli estranei. Per nulla spaventato Antonio li raggiunse e iniziò la sua missione predicando i valori dell’amicizia e del sostegno reciproco, solo che nessuno osò avvicinarlo per ascoltare le sue parole, ma non un branco di pesci accostatosi a riva per sentire la sua predica (ai giorni nostri fare ciò vorrebbe dire realizzare uno scoop pubblicitario). Inutile affermare che Antonio riuscì a farsi notare, così si aprirono i cuori di quelle persone ma dopo alcuni mesi riprese il cammino per raggiungere il Veneto, accolto alle porte di Padova e attratto dalla città sottomessa dal tiranno Ezzelino e da spietati usurai come gli Scrovegni. Padova una città soggiogata e infelice, quale posto migliore per donare ai suoi abitanti le possibili grazie offerte dalla solidarietà, dall’amore, dalla pace, dalla carità e quale posto migliore per promuovere le infinite possibilità che la vita offre se spesa a favore dei più miseri, poveri, malati, oppressi, orfani di quel Dio che sembrava averli abbandonati. A Padova Antonio impegnò le sue migliori energie ma ottenne gran poco riscontro dalla gente ma per quella grazia che solo il mistero di Dio può spiegare cominciò un percorso coronato da innumerevoli episodi che avevano del miracoloso. Antonio riuscì a compiere tanti miracoli e ogni volta attiravano sempre più persone che gli ritornarono la fiducia e l’ascolto. Molti cominciarono a riscoprire la speranza, la voglia di vivere, il desiderio di rinascita e se dava fastidio ai potenti, alla povera gente invece fece riscoprire nuove possibilità di riscatto.
Antonio, con i suoi sermoni avviò la gente alla conversione religiosa e con i suoi miracoli ne cementò la fama tanto che nessuno riuscì a rovinarla ed anche ai giorni nostri è riconosciuta così grande. Antonio morì nel transito da Camposampiero a Padova, dove si era ritirato per rinsavire dai suoi malanni, ma invano, alla giovane età di 36 anni e da subito venne chiamato il Santo, così veniva citato, Antonio santo, il mio santo, il tuo santo, il nostro santo; in breve divenne il santo di tutti, fino ai paesi più lontani del mondo.
Per questo una visita al Santo cioè alla basilica di sant’Antonio che conserva le sue spoglie era ed è tuttora un fine soprattutto quando si ritiene necessaria una grazia speciale sulle condizioni fisiche di qualche parente o per altri scopi che intristiscono la coscienza, quella che isola e opprime tanto da non trovare una via d’uscita. In questi secoli milioni di fedeli sono passati vicino alla tomba di sant’Antonio e vi hanno lasciato i loro sospiri e le apprensioni e molti di loro sono riusciti ad ottenere qualche suggerimento per riscattare una vita disperata e basta percorrerla lentamente per capire che questo luogo di pietà è pieno zeppo di testimonianze che l’hanno resa unica, l’hanno arricchita con ex voto di elevata fattura.
Si potevano fare dei sacrifici pur di ottenere una grazia speciale che solo il Santo poteva dare e così la figlia del racconto con il lutto sia fuori che dentro convinse un amica ad accompagnarla al Santo di Padova (è un modo per dire quando si fa una visita alla basilica di sant’Antonio) per assistere al quaresimale che alle volte era ascoltato da una copiosa folla di pellegrini (una tradizione tuttora in voga durante la quaresima), poco dopo la benedizione solenne il passaggio ad invocare la grazia mettendo la mano sul marmo della tomba del Santo, dopo una lunghissima e paziente fila di attesa, per portare a casa la garanzia che sicuramente qualcuno ci aveva capito e ascoltato a tal punto da rompere quel vortice di disgraziate vicende che in quel momento colpivano la propria famiglia.
Passando per il Prato della Valle l’incontro con il fotografo di strada che ogni giorno stazionava per convincere i pellegrini ad immortalare il momento storico che stavano vivendo. E così ne uscì questa foto con sullo sfondo un’altra basilica famosa di Padova quella di santa Giustina la martire patrona di Padova. Il sorriso voluto più dal consiglio del fotografo che dalla circostanza, il braccio dell’amica, vicina di casa di quel paesino della bassa padovana che fa Fossaragna, località di Bovolenta, convinte di aver fatto il massimo in quel momento e poi rassicurare mamma che dal cielo il Santo avrebbe protetto con assoluta certezza ogni altro momento vissuto dalla famiglia.
Due amiche molto unite fra loro fino alla separazione che avvenne per motivi di lavoro, la famiglia di una delle due si trasferì a Biella in Piemonte, dove si unì ad altre famiglie giunte in quella città, alla ricerca di maggior fortuna.