Un quaresimale
Ti si longo come un quaresimale; questo proverbio si diceva quando qualcuno non la smetteva più di dare consigli e molto spesso erano soltanto ripetizioni che si traducevano per forza nella classica “lavata di capo”.
Partendo dal vecchio adagio vi racconto una di queste prediche dette da un parroco che la espose quando sul finire degli anni sessanta iniziò la rivoluzione dei costumi e certe giovinette ne adottarono alcuni, conformandosi o solo per provocazione, cominciando ad indossare la minigonna. A quel tempo si stava passando dalla messa in latino a quella in italiano e con tutto il seguito di cambiamenti portati dal Concilio Vaticano II, il pulpito fino ad allora era il piedistallo privilegiato che il parroco usava per educare i suoi fedeli alla comprensione dell’insegnamento che il Vangelo voleva dare alla gente, ma anche per marcare il suo incarico di curatore d’anime e perciò a volte si lasciava andare ad argomenti teatralmente drammatici.
La moda si stava imponendo come fenomeno di massa, seguirla voleva dire adeguarsi ma soprattutto manifestare senza timori che certi schemi erano ormai superati e figuriamoci se si voleva apparire diversi. La minigonna è stata una di queste prime occasioni per rompere con le consuetudini e come conseguenza dai pulpiti vennero lanciate ogni forma di saette contro questo capo di abbigliamento, delle vere e proprie crociate per il “comune senso del pudore”.
Il quaresimale era una predica inserita nel periodo della quaresima che si distaccava dalle normali funzioni, veniva detto dopo la Via Crucis e doveva preparare i fedeli alla Settimana Santa, non era il parroco a farlo perché richiedeva maggior solennità così veniva incaricato un religioso o un bravo prete ma soprattutto un bravo oratore.
Prendo l’occasione per citare alcuni stralci ripresi da una di queste prediche, l’argomento come abbiamo già accennato era la moda, che stava trasformando radicalmente cert usi e costumi e l’abbigliamento ne seguiva le sue evoluzioni, in quel finire degli anni sessanta.
“La moda tocca indiscutibilmente la morale. È necessario che le donne si convincano di questo. È necessario convincersi che quando si esce di casa la nostra libertà trova dei limiti ben precisi nelle più elementari norme di convivenza e di decenza. Non è giusto che chi vuol mantenere integro il proprio candore – e non soltanto i religiosi, ma tutte le persone per bene e specialmente i fanciulli – sia costretto a subire un continuo fuoco di fila di nudità sempre più audaci e provocanti. Quella non è libertà, è provocazione. Chi abusa della propria libertà diventa becchime di Satana che il “grande avversario” getta in pasto al mondo, compie cioè azioni pervertitrici di scandalo; quando il demonio vuole indurci al male non si presenta a noi con le corna o le unghie appuntite: ne avremmo istintivo orrore; egli è troppo furbo: si presenta a noi con la stampa galeotta, le compagnie e soprattutto con le seduzioni della moda. Bella consolazione sapersi strumento di abbassamento morale e di corruzzione nelle mani del demonio”.
Provate ad immaginare le facce di certe ragazze quando hanno sentito queste parole, il brusio divenne perfino ilarità. E continuò dicendo
“È impossibile che una donna – dopo le esplicite condanne dell’autorità ecclesiastica e le energiche proteste delle persone dabbene – no si renda conto del male che può fare al prossimo quando va per strade, entra nei negozi e negli uffici non solo senza maniche, ma con scollature troppo audaci, con camicette troppo trasparenti o bucherellate, quando va in bicicletta priva di sufficente biancheria o con gonnelle leggerissime, svolazzanti, ecc. Qualcuno osserva: “Che c’è di male?” È male solo rubare e ammazzare? O non si crede più nelle conseguenze del peccato originale? Tu sei occasione di scandalo, tu poni la causa del male e vorresti che non ci fosse l’effetto? Certo avrà maggior merito chi saprà sottrarsi all’influenza malefica delle tue seduzioni, ma tu andrai a bruciare in purgatorio almeno fino alla fine del mondo se la infinita misericordia divina riuscirà a salvarti dall’inferno”.
A questo punto a qualcuno si accaponò la pelle sicuramente. Ma andiamo avanti un altro po’:
” le donne devono ricordare che esse sono quasi sempre l’occasione e la causa della rovina morale degli uomini. Così è capitato nel paradiso terrestre, così è avvenuto ai vecchioni che attentarono alla castità di Susanna, così a Davide con Betsabea… Se non si offre l’occasione a non peccare si è in due la donna e l’uomo. Se guardiamo delle stampe del XVIII secolo si vedono bene le distinzioni del rango assunto dalle donne ma oggi tale differenza non esiste più, non solo riguardo all’eleganza e al lusso, ma anche rispetto alla linearità morale. Dall’alto al basso della scala sociale, ritroviamo sempre gli stessi abiti trasparenti e leggeri, qualche volta troppo corti, più spesso troppo aperti, aderenti al corpo, discinti e svestenti; gli stessi profili dai capelli corti, dal viso truccato, dalle gambe o dalle braccia nude o quasi. Solo il più fresco e grazioso pudore potrebbe distinguere una buona ragazza”.
E sembrava finita qua ma mancavano “i fuochi artificiali” come finale di predica. E allora sentiamoli:
“troppe sono oggi le giovani che trascurano, almeno apparentemente, il proprio riserbo e ciò che fa più male e che meraviglia di più è il fatto che tutto questo non impedisce a queste donne di ritenersi perfettamente a posto con la propria coscienza cristiana. Quando non osano profanare lo stesso santuario – con le proprie immodestie – si pongono sulle spalle il golfetto sulla porta della chiesa e se lo ritolgono con tutta tranquillità al ritorno, la donna che entra nel vortice della moda, difficilmente ne esce viva, se la moda vince anche Satana vince”.
Silenzio assoluto poi la benedizione e subito fuori a giocare a parte le ragazze scosse da quelle parole. Durò a lungo la discussione tra di loro e se per noi che essendo giovinetti poca presa avevano fatto, in loro l’argomento molto probabilmente le aveva toccato quel nervo che si stava scoprendo e le faceva male, molto male.
Ma quale ne fu il risultato lo vediamo nella foto pubblicata che ricorda il decennio della prima comunione di questo gruppo di giovani, cerimonia svolta due mesi dopo il quaresimale, è chiaro che la rivoluzione dei costumi è in atto e i maschi allungano i capelli mentre le ragazze accorciano le gonne e la smorfia del parroco testimonia il suo disagio. Che tempi!
La foto di presentazione è della collezione di Maritan Marigrazia.