La Fiera Franca di san Martino
La cittadina padovana di Piove di sacco ha come santo patrono san Martino vescovo di Tours e lo festeggia l’11 di novembre nel programma, ricco di eventi religiosi in duomo è compresa una grande Fiera che veniva chiamata “Fiera Franca”, perché gli espositori che arrivavano di buon mattino potevano disporre le loro merci senza pagare nessun contributo al comune e ai promotori. Questo permetteva a chiunque di portare quelle proposte che aveva creato, realizzato, elaborato, coltivato, allevato, le metteva in esposizione e così poter trovare un compratore che era giunto a visitare la manifestazione.
La Fiera Franca è sempre stata una ottima opportunità per proporre i propri animali da vendere non prima di averne contrattato il loro valore, compito questo dei mediatori che facevano incontrare il venditore con l’interessato all’acquisto e se l’affare andava a buon fine riceveva un compenso pattuito prima delle contrattazioni, alcuni di questi a volte erano piuttosto furbi, altri invece, più onesti e conosciuti da più tempo spesso amici che avevano amici disposti a comprare e alla fine si accontentavano di qualche soldo e molto spesso la vendita era allietata da una bella bevuta in osteria.
Altri invece proponevano delle merci e i vari espositori arrivavano da tutti i paesi vicini con dei carretti che spingevano a mano molto carichi di prodotti da mettere in mostra nei loro banchi, pochi disponevano di automobili a furgoncino voleva dire essere più benestanti, chi arrivava per primo poteva occupare i posti del paese più centrali mentre i ritardatari dovevano accontentarsi di sistemare le merci verso l’esterno delle piazze. Alcuni ambulanti venivano giù dalle montagne vicentine o addirittura dal bellunese con le loro forme di formaggio realizzato in estate nelle malghe e giunti a Piove di sacco un paio di giorni prima, pernottando nelle locande del paese potevano essere tra quelli più fortunati se si postavano nel luogo giusto perché ritornavano in alpeggio dopo che avevano venduto quasi tutto il formaggio. Altri artigiani dal lontano Tirolo, o dal Friuli montano, portavano con sé dei sacchi pieni di oggetti di legno molto utili alla casa, mestoli per la polenta o cucchiai di legno, ciotole a volte dipinte, taglieri di legno, qualche contenitore da usare in casa e non potendo pernottare nelle locande si accontentavano di alloggiare presso le famiglie di conoscenti che li ospitavano, condividevano le loro case per consentire all’ospite di risparmiare così poteva aiutare la famiglia lasciata in montagna dove era spesso messa a dura prova dalle condizioni ambientali di quei posti.
La Fiera Franca inoltre era una ottima vetrina per le ultime novità, se caso mai qualcuno era riuscito a realizzarle: poteva essere un nuovo aratro, una nuova macchina per seminare il grano, un nuovo mezzo a motore adatto a sostituire la forza animale. Diversi decenni fa hanno fatto molto scalpore certi piccoli carretti con le ruote di gomma e un motore a scoppio, le “carioche”, il loro nome evoca l’origine, infatti furono riprodotte sui ricordi di coloro che erano rimpatriati dal Brasile, un’altra di queste novità è stata la segatrice automatica per l’erba da fieno realizzata da una azienda meccanica che avara di nomi non fece altro che chiamarla con la sigla della fabbrica: la BCS; una motosega che in brevissimo tempo poteva fare il lavoro di decine di “segantini”, così si chiamavano certi giovanotti che lavoravano “a ore” nelle campagne per qualche compenso, utilizzati a segare con la falce l’erba da fieno. Molto esperti si organizzavano mettendosi in fila e trovato il ritmo riuscivano a segare molti campi per un solo giorno e poi riuscivano velocemente a rigirare il fieno per poterlo sistemare nel fienile il prima possibile, in genere erano di una stessa famiglia, molto richiesti per questi lavori.
Un’altra grande novità è stata il trattore usato in molti lavori di campagna ed anche la mietitrebbia che piano piano ha fatto sparire il rito della raccolta del grano uno dei momenti più belli e festosi dell’anno.
Ma nella Fiera si vedevano anche altre novità tipo le nuove stoffe prodotte dalle filande del comasco o addirittura dall’estero e mostrate alle ragazzine che fresche del corso di cucito organizzato in qualche parrocchia. Ed alla Fiera si potevano sfoggiare i nuovi vestiti realizzati creando la curiosità sugli altri;
Immancabili alla Fiera i banchetti di dolciumi o le primizie degli orti di Chioggia, i venditori di castagne arrostite sulla via e offerte ai passanti dentro a dei cartocci di carta paglia arrotolati a cono, che scaldavano le mani gelate e le coloravano di nero ogni volta che si sbucciavano per mangiarle. C’erano anche i banchetti di vino Novello profumato e dall’aspetto più torbido ma che abbinato alle castagne riempiva la bocca di sapori dal salato all’asprigno.
Non mancava inoltre l’area del divertimento dove c’erano le giostre assalite dai bambini incuriositi e divertiti e fatti accomodare dalle madri premurose e timorose quando certi cavallini che giravano sparivano dall’altro lato;
Si incontravano anche degli artisti che esibivano diversi numeri musicali o di bravura, giocolieri, illusionisti, pagliacci, attiravano l’attenzione dei passanti per poter intascare qualche spicciolo.
Quelle Fiere fatte di “ciasso”, “chiasso”, di bruschette di baccalà mateccato, di “nervetti” lessi con olio e prezzemolo tritato, le polpette di carne macinata, giusto per berci un buon bicchiere di Merlot o di Raboso, le uova sode e i folpetti, le sardine fritte in saor, per accompagnarle con un bicchiere di vino bianco dei colli. Non mancava il banchetto di cannoli alla crema, così buoni che li abbinavo ad una cioccolata calda.
Per le persone rimaste a casa si compravano i cartocci di mandorle tostate e zuccherate, la liquirizia da succhiare o i cordoncini di tira molla colorata, le patate dolci “americane” di Anguillara. Se in tasca era rimasto qualche soldo allora si poteva aggiungere un piccolo ricordo per i più piccoli e il pallone di gomma che giorni prima avevamo bucato calciandolo sugli aculei dei rami del giuggiolo. Ci si coricava a letto felici e si pensava al racconto di Pinocchio e al suo Paese dei balocchi, intanto la notte veniva rischiarata dai fuochi d’artificio, ultimo momento di festa e fine di tutti i festeggiamenti.
Le foto sono degli archivi di Paolo Nequinio, Paola Zanellato, Bollettin di Correzzola