La Padova – Bovolenta
A sud di Padova parte una strada tutta diritta che si chiama “Pratiarcati”, è un bellissimo rettilineo che una volta aveva da entrambi i lati una fitta linea di platani che si coprivano di tante foglie nel periodo estivo. Del resto era frequentata prevalentemente da carretti pieni di merce trainati da cavalli da tiro e transitavano avanti e indietro per raggiungere la città con prodotti in prevalenza agricoli.
Il rettilineo parte da Padova e arriva a Bovolenta dove incontra una strozzatura causata dall’incrocio dei canali Cagnola e Roncaiette che poi continuano fino al mare col nome di fiume Bacchiglione. Un rettilineo importante per i collegamenti ma molto invitante per tutti coloro che agli inizi del 1900 scoprirono il trasporto meccanico, quando facevano capolino nelle nostre strade le prime automobili a motore a scoppio.
A Bovolenta, ma non solo, la famiglia Da Zara aveva i suoi possedimenti costituiti da una tenuta terriera di vaste proporzioni, campi e prati che procuravano ai proprietari delle ingenti fortune. A Casalserugo, uno dei paesi che si trova lungo questo rettilineo, questa famiglia pensò bene di costruire una grande fattoria che aveva lo scopo di raccolta dei prodotti ricavati dalla terra, a seconda delle stagioni venivano ammassati sul grande granaio le varie granaglie che mano a mano arrivavno dai campi e questo “amasso” ogni tanto veniva svuotato portando i vari prodotti alla vendita che si svolgeva in città con cadenza periodica. Carri e carretti venivano riempiti di sacchi di grano o di granoturco o di fieno e raggiungevano il mercato posto vicino al Prato della Valle e li prendevano le destinazioni del compratore.
La famiglia di Leone da Zara con Leonino vivevano in un palazzo di via Roma a Padova proprio vicino a Prato della Valle e se da giovane, Leonino, fu educato in un collegio e per di più a Venezia, appena diventato adolescente si convinse che la sua vita la poteva vivere in un modo molto diverso dai suoi
coetanei, infatti poteva esagerare con le scoperte che quel periodo storico gli venivano messe davanti agli occhi. L’automobile fu la prima e fin da subito fu attratto da questo potente mezzo di trasporto e quel tanto che con alcuni amici facoltosi, tra questi l’estroso Enrico Bernardi (uno tra i primi costruttori di un prototipo di automobile che non era altro che un triciclo mosso da un motore a benzina) il suo collaboratore Antonio Nosadini e i conti Miari e Giusti e altri ancora, riuscirono a fondare l’Unione Automobilistica Veneta e decisero di organizzare una delle prime gare di velocità su strada: la Padova – Bovolenta appunto, che poi si fregiò del titolo di “Targa Oro“, correva l’anno 1900.
Quel tratto di strada che Leonino aveva fatto decine e decine di volte nel calesse accompagnato dai genitori che dovevavo andare ad amministrare le varie faccende della tenuta dei “Prati Arcati” lo affascinava e lo attraeva tantissimo quel tanto che appena arrivò a possedere la sua prima automobile la faceva sfrecciare a tutta velocità in mezzo alla fila di platani di questa strada perfettamente diritta. Correva e correva e allora capì che in quella strada si potevano organizzare delle vere gare di velocità record, con i suoi amici fanatici di velocità come lui decisero di aprire un registro dove si annotavano i vari progressi realizzati nelle gare che molto spesso disputavano. Divenne poi un Albo d’Oro della corsa che anno per anno organizzavano, si annotarono i migliori risultati e si scrissero i nomi del parigino Gastè Louis, nel 1900, nell’anno successivo il fiorentino Tonietti e per tre anni successivi il famoso Vincenzo Florio di Palermo, subito diventato famoso per la sua temerarietà quando saliva su uno di quei mostri che faceva correre alla velocità di 80 km. all’ora, una follia in quegli anni.
1o chilometri di velocità da brivido da coprire nel minor tempo possibile e Leonino lo sapeva benissimo che anno dopo anno doveva osare sempre di più, ma sapeva anche che se riusciva a rendere la gara molto conosciuta allora la sua notorietà sarebbe salita alle stelle. Infatti nella gara del 5 aprile 1908 si iscrissero alla competizione tutte le migliori case automobilistiche: Fiat, Isotta Fraschini, Itala, Züst, Junior, Lancia col suo pilota più apprezzato, quel Vincenzo Lancia che negli anni futuri oltre a divenire un affermato pilota divenne uno dei più importanti costruttori di automobili d’Italia.
A questo nome di futura fama si iscrissero altri piloti che si chiamavano: Nazaro, Minoia, Trucco, Maggioni, e sulla Züst doveva salire anche Leonino ma dato che in quell’anno era diventato presidente dell’Automobile Club del Veneto dovette dedicarsi interamente all’organizzazione della gara. La partenza era fissata sul ponte detto di Salboro perché vicino a questa località e poi di corsa fino a Bovolenta e appena sbrigate le formalità dei controlli si ripartiva per raggiungere l’arrivo fissato sempre a Salboro dove le auto venivano accolte dal pubblico festante e assiepato sulle tribune appositamente sistemate per l’occasione. Sarà stata la notorietà ma sicuramente la propaganda, visto che il manifesto di quell’anno fu disegnato dal famoso illustratore Mario Cavalieri,
fatto sta che i corridori erano veramente tanti, le marche automobilistiche pure come i costruttori di pneumatici, la Michelin e la Continental in prima linea, con la prima che mise in palio un premio di 1500 lire e una targa d’oro disegnata sempre dal pittore Cavalieri, cifra ragguardevole per quell’epoca, destinati al corridore che realizzava il miglior tempo.
Se nel 1906 Vincenzo Lancia su Fiat vinse la sua prima Targa Oro su questo rettilineo di 10 chilometri, nel 1908 decise di ripresentarsi con una vettura costruita nel suo stabilimento e rivinse la “Targa” alla velocità media di 87, 019 chilometri. Ma quell’anno un’altra attrazione arrivò direttamente da Udine e la portava il giovane conte Dal Torso che arrivò a Padova col chiaro intento di battere il record della corsa, portava con sè una Itala di 120 HP solo che decisero di farlo gareggiare fuori categoria visto che la sua macchina era troppo potente. La macchina di un colore rosso fiammante si sistemò alla partenza e dopo aver scaldato accuratamente i motori partì sollevando una nuvola intensa di polvere ma appena arrivata in prossimità della località di Salboro, pochi chilometri più avanti, per schivare un cane che si mise inavvertitamente in mezzo alla sede stradale piombò a tutta velocità su un gruppo di persone e un ragazzo venne ucciso sul colpo; anche il record fallì in quel triste incidente.
La gara comunque fu portata a termine e la categoria superiore vide al primo posto una Isotta Fraschini guidata da Vincenzo Trucco di Milano alla media di 122,532 chilometri e al secondo posto sempre un’altra Isotta Fraschini guidata da Ferdinando Minoia di Milano alla media di 120 chilometri. Per le altre categorie ci furono le vittorie di De Vecchi su De Vecchi alla media di 63,683 chilometri, Vincenzo Lancia su Lancia alla media di 87,019, Maccagno di Bergamo su Esperia, media 80 chilometri, Alessandro Brigo su Bianchi alla media di 87,655 Km e Luigi Selvatico di Venezia su Itala media 85,857 Km.
Una gara entusiasmante quell’anno peccato che l’incidente capitato allo sfortunato conte Dal Torso ebbe infiniti strascichi soprattutto sulla stampa quotidiana locale e quel tanto che i contrari al nuovo progresso portato dall’automobile ebbero la vittoria su tutto e così la “Targa d’oro, poi diventata Targa Florio” si trasferì in Sicilia dove c’erano le cantine della famiglia Florio ma intanto Bovolenta, piccolo paese della bassa padana, venne messo in risalto su tutte le pagine dei giornali e l’anno successivo tornò alla ribalta perché Leonino Da Zara stava provando ad alzare dai prati della sua tenuta uno dei primi aeromobili d’Italia.